“Civiltà”, sfida vinta a Camogli
col Festival della Comunicazione

Oltre 120 ospiti nei quattro giorni della manifestazione, ideata con Umberto Eco e arrivata alla sesta edizione

Quel gioiello che è Camogli, piazzette dove le persone leggono ancora il giornale di carta a colazione, le terrazze e i salotti sul mare che si riempiono di parole.

E’ un piccolo grande evento, questo Festival della Comunicazione arrivato alla sesta edizione. Piccolo perché deve mantenere dimensioni contenute - un borgo marinaro come questo non può reggere numeri più grandi - mentre tanti festival culturali soffrono di un gigantismo che pare quasi stia sfuggendo di mano. Grande, perché per quattro giorni la cittadina ligure ha visto passare oltre 120 ospiti, intellettuali e volti di spicco dell’attualità, dal mondo dell’informazione all’università, dalla cultura allo spettacolo e all’economia. Da Alessandro Baricco a Pietro Angela, da Aldo Cazzullo ad Enrico Mentana, solo per citarne una manciata, le giornate di Camogli sono state scandite da una serie di incontri dall’ora di colazione al dopocena. Sempre colmi o stracolmi, ma tutto sommato assolutamente vivibili. Centinaia di persone diligentemente in coda, maxischermi per chi è rimasto fuori. E una bella, efficiente organizzazione che va del festival un volano per l’economia di questa perla del Levante ligure.

Si è visto Beppe Sala dialogare con Giovanni Toti e - chissà - magari mettere le basi di un dialogo possibile. Piergiorgio Odifreddi provocatore come e più del solito stroncare il sistema dei media, Mario Calabresi raccontare la civiltà dell’esagerazione.

Proprio “Civiltà” era il tema della sesta edizione del Festival, ideato con Umberto Eco, diretto da Rosangela Bonsignorio e Danco Singer, e organizzato da Frame in collaborazione con il Comune di Camogli. Nel discorso tenuto al Palazzo delle Nazioni Unite di New York il 21 ottobre del 2013, Eco affermava: “Nessuna civiltà – nel senso antropologico della parola, intesa come sistema di idee scientifiche e artistiche, miti, religioni, valori e abitudini quotidiane – può sussistere e sopravvivere senza una memoria collettiva. Schiacciati tra una memoria debole e il suo massimo eccesso, cosa potremmo suggerire ai nostri figli, che non sanno neanche che cosa accadde solo pochi decenni fa? In un mondo in cui si è tentati di dimenticare o ignorare troppo, la riconquista del nostro passato collettivo dovrebbe essere tra i primi progetti per il nostro futuro”.

Il patrimonio trasmesso in eredità dal padrino del Festival ha provato a fornire le chiavi per affrontare quella società globale e interconnessa verso cui ci stiamo avviando e che ci chiama a dare un nuovo senso al termine “civiltà”.

Spiega Danco Singer: «Stiamo avanzando verso una civiltà che è globale e interconnessa, in cui mercati, culture, individui e informazioni sono sempre più interdipendenti ma scossi da forze interne contrastanti, che ridefiniscono la socialità, il rapporto con l’altro e l’idea stessa di barbarie. Il Festival non solo è riconosciuto come una consolidata agorà di discussione sociale e aggiornamento culturale, ma è divenuto una community di altissimo valore arricchita dai protagonisti del mondo economico e imprenditoriale».

«Ma civiltà», conclude Rosangela Bonsignorio, «è anche e soprattutto identità globale in divenire: un progetto collettivo di futuro da immaginare e realizzare. Bisogna ripensare il concetto di civiltà e arricchirlo di un significato nuovo che possa includere, senza omologarle, le specificità dei popoli e delle persone, per affrontare sfide nuove e cogliere opportunità mai verificatesi prima».

© RIPRODUZIONE RISERVATA