Sul copyright Paesi Ue litigano ma lavoro prosegue

"Prendiamo atto che il Consiglio ha bisogno di più tempo per finalizzare la sua posizione" sulla riforma del copyright: così un portavoce della Commissione Ue commenta il nuovo slittamento del dossier. 

BRUXELLES - "Prendiamo atto che il Consiglio ha bisogno di più tempo per finalizzare la sua posizione" sulla riforma del copyright, che "è una riforma chiave per le istituzioni, per i cittadini, la stampa e i creativi": così un portavoce della Commissione Ue commenta il nuovo slittamento del dossier che sembrava invece vicino alla conclusione. "Il nostro obiettivo, con questa riforma, è portare benefici tangibili per creativi, artisti, giornalisti, editori, ricercatori, beni culturali", perché la riforma sarebbe in grado di "aprire al potenziale di maggiori contenuti chiarendo le regole del copyright". La Commissione "continuerà il duro lavoro per fare da broker ad un accordo il prima possibile tra le tre istituzioni (Consiglio, Parlamento e Commissione)", ha concluso. 

 

Venerdì scorso i governi Ue, a causa delle distanze tra le rispettive posizioni, non erano riusciti a dare il via libera alla presidenza di turno per negoziare assieme alle altre istituzioni (Parlamento e Commissione Ue) il testo definitivo nella riunione prevista per oggi e poi cancellata. A votare contro Italia, Belgio, Olanda, Svezia, Finlandia, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Lussemburgo e Portogallo. I punti ancora aperti, su cui gli Stati non hanno ancora raggiunto una posizione definitiva, sono sempre gli stessi da mesi. Uno è l'articolo 11, che obbligherà le piattaforme che postano frammenti di testi (snippet), come Google News, a procurarsi una licenza dagli editori. 

 

L'altro punto controverso è l'articolo 13, che obbligherà le piattaforme come YouTube a creare filtri per monitorare l'upload di contenuti, per assicurare che il copyright non venga violato. Nell'attuale formulazione, le piattaforme diventeranno anche responsabili per le violazioni dei diritti d'autore dei loro utenti. 

 

La presidenza di turno, nel tentativo di sbloccare la situazione, potrebbe convocare una nuova riunione degli ambasciatori entro la settimana, ma al momento non c'è alcuna certezza. Intanto il tempo stringe. Gli addetti ai lavori sottolineano che il negoziato tra Consiglio, Commissione e Parlamento dovrà concludersi entro febbraio. Altrimenti sarà quasi impossibile completare l'iter legislativo prima che tutto il lavoro fatto venga vanificato dalla fine dell'attuale legislatura (il vito per il rinnovo del Pe è fissato per il 26 maggio).

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