«Io 50 anni a Monza e quelle foto speciali. Persino sul podio»

Il personaggio Giorgio Proserpio e il museo a Carugo: «Mi infilavo ovunque, anche dove non si poteva. I pass? Me li davano Todt ed Ecclestone. Ora è più dura»

Questa è una storia tipica di una Formula 1 che non c’è più. La storia di Giorgio Proserpio, 72 anni di Carugo, da 50 anni a fare foto nei paddock e in pista della Formula 1, a scattare immagini infilandosi ovunque, senza l’accredito ufficiale, ma ormai istituzione del paddock. Con il soprannome di “Patatina”. «Perché ero rappresentante della san Carlo. Ma quando c’erano le gare avevo un permesso speciale e partivo il venerdì». Ora c’è un compleanno da festeggiare: «Festeggio i 50 anni di Monza. Ma mica solo lì: Montecarlo (sempre!), Hockenheim, Nurburgring, tutta Europa, una volta persino in Australia».

Amico

La storia di una amicizia con Giorgio Galli, un altro personaggio spider di queste parti, scomparso un anno fa, ex pilota, ex tombeur de femme, ex amico della Ferrari, con cui scorrazzava, magari a bordo di una Lamborghini Miura, su e giù per l’Europa. Proserpio ha fatto foto famose, che sono finite persino nei libri, ma tutto da autodidatta, da auto-fotografo. Ma come è iniziata?

«La prima cosa che feci, fu seguire due amici di Verona che avevano una bancarella di gadgets. Cominciò così, infilandomi nel paddock a fare foto quando le maglie dei controlli erano larghe. Poi la svolta: conobbi un cameramen di Rombo Tv, un canale specializzato, si chiamava Scandinaro, che mi portò come portaborse, quando serviva uno che reggesse il supporto per i vhs. Lui poi passò alla tv di Ecclestone e poi alla Ferrari. E io sempre dietro. Anche quando non serviva più il portaborse. E frequentando quegli ambienti saltavano fuori sempre i pass. Nel frattempo Galli, che lavorava nel settore dei mobili, arredò le case di tanti grandi personaggi della F1 e alla fine i pass ce li davano Ecclestone e Todt. Con Bernie mi sono scritto anche l’altro giorno». Il bello è che Galli e Proserpio non si spostavano tanto dal dialetto comasco. Inglese? Macché. E come ci si capiva? «Con il linguaggio delle corse. Mi ricordo una volta a Hockenheim 2010, non avevamo il pass. Ci presentammo con la lettera che avevamo mandato a Ecclestone, quella volta senza risposta: passammo due ore da sorvegliati speciali, ma poi venne Ecclestone a farci entrare».

Le foto più belle? «In cima alla classifica ci metto quelle fatte sul podio. Vedi qui? Sono a Monza 1979. Villeneuve e Scheckter spruzzano champagne e io clicco, lì a fianco. Ti immagini oggi, uno sul podio di F1? Impossibile. Ma sono salito sul podio anche a Nurburgring 1976, la gara dell’incidente di Niki Lauda. Ero sfacciato, pronto, furbo. Mi infilavo in tutti i pertugi, mi trovavo dove gli altri fotografi non potevano esserci. Nel retrogara, da solo con i piloti appena scesi dalle vetture. A Monaco nel 1981, successo di Villeneuve, ero l’unico ad essere in pista all’arrivo, passai sotto un cordone, mi si vede nelle immagini tv».

Foto famose

Poi? «La foto dell’uscita di pista di Villeneuve a Zandvoort, quella su tre ruote. La più triste, la macchina insanguinata di Senna a Imola». Piloti amici? «Con Lauda e Regazzoni ci sono uscito spesso. Questo, grazie a Galli. Era un fenomeno: una volta Cevert gli chiese di andare a prendere una ragazza a Milano e quando arrivarono lì, era Brigitte Bardot. Ul Galett, come mi manca...».

Ma adesso come si fa? «Negli ultimi anni è sempre più difficile. Ormai la Formula 1 è diventata blindata. Però qualcosa riesco a fare. Per esempio a Montecarlo non manco mai, anche quest’anno c’ero...». E i pass chi glieli dà? «Il Principe. Ma sì, un vecchio rapporto con il suo entourage. Quest’anno avevo al collo un pass che sarebbe costato 5000 euro per tre giorni. Potevo andare dappertutto». E adesso ha un piccolo museo a Carugo: «La stanza della passione. Avessi venduto tutto, chissà... Ma questi sono ricordi indelebili». Una storia di una F1 che non c’è più. Ma occhio: scommettiamo che Proserpio spunterà anche stavolta nel paddock?

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