Gentile: «Male con la Pro Patria
ma il Lecco in C è una solida realtà»

Intervista con l’ex direttore sportivo bluceleste Carmine “Mimmo” Gentile.

Carmine “Mimmo” Gentile era venuto a vedere il Lecco domenica scorsa contro la Pro Patria. Lui, talent scout della Sampdoria era lì a osservare i giovani delle due squadre, ma soprattutto era venuto per vedere vincere i blucelesti. Per lui si è dunque trattata di una delusione in qualità - appunto - di tifoso del Lecco. Il “suo” Lecco, quello targato Gustinetti prima e Cadregari poi, aveva vinto il campionato di C2 1996/97 ed era arrivato sesto in C1 l’anno successivo con Cadregari. La stagione del 3-1 bluceleste al Sinigaglia di Como, per intenderci. Solo il Lecco della scorsa stagione ha fatto meglio… Ma Gentile, ex giocatore dell’Atalanta e direttore sportivo “illuminato”, ha sempre amato il bluceleste, dopo quell’esperienza.

La sua delusione è tanta.

Brutta partita, non me l’aspettavo. Il Lecco che avevo visto in altre circostanze era tutt’altra squadra. Ha giocato anche con calciatori diversi e questo mi ha colpito. Una formazione che non avevo compreso prima che mi spiegassero degli infortuni a Giudici, Nesta, alla scarsa forma di altri... Loro stavano meglio fisicamente e la “nostra” squadra mi è parsa senza idee e senza riserve fisiche. Ma sono convinto che non fosse quello il vero valore del Lecco: per me il vero Lecco era quello che avevo visto in precedenza in campionato, contro il Trento in casa e con il Piacenza in trasferta. Quella sì che era una signora squadra.

E dunque?

Non entro nel merito delle scelte, anche perché ci sono sempre dei motivi che da fuori non si possono sapere. Mancava brillantezza, però, e il gol preso a freddo ha condizionato parecchio. Soprattutto mentalmente. E ha messo in condizione la Pro Patria di fare la propria partita nel modo migliore. Con mister Sala la Pro Patria è diventata un’altra squadra, molto più organizzata a livello difensivo. Quel gol ha fatto saltare tutti gli equilibri e ha esaltato le caratteristiche dei bustocchi.

De Paola ha dichiarato che il Lecco avrebbe potuto giocare per giorni e non avrebbe mai segnato, domenica scorsa...

Ha ragione. La squadra non aveva più la forza di offendere. Si è spenta con il passare dei minuti. Ciò non toglie che il Lecco abbia disputato un ottimo campionato. Il Lecco di questi tre-quattro anni rispetto a quelli passati, nei quali ci sono sempre state difficoltà, è una squadra che riesce a mantenere una certa posizione in C1. Non è cosa da poco.

Mister De Paola ha ragione a rivendicare con forza il suo “miracolo”?

Sicuramente è stato fatto un buon campionato. E navigare tranquillamente in serie C, a differenza di anni fa, è una bella conquista. A Lecco si storce la bocca per un campionato così? Forse non ci ricordiamo com’era messo il Lecco….

Che paragone si può fare tra quello attuale e il Lecco dei monelli di Cadregari?

Allora c’erano due-tre giocatori che poi sono diventati da serie A e anche più su. Da Oddo a Saudati ad Allegretti. Tutti sbarcati nel massimo campionato e Oddo anche in Nazionale. Hanno fatto una buona carriera. C’erano poi giocatori di categoria come Adamo, Bonazzi, Giaretta che ora è al Watford come direttore sportivo. In quelle due stagioni sono stato benissimo a Lecco sia con Gustinetti che Cadregari. E tra chi non c’è più oggi metterei anche i dirigenti di allora: Dario Sottocasa e Costante Grassi non ci sono più. E neanche Carletto Bodega. Sono stati due-tre anni di grandi emozioni dalla C2 alla C1 propiziati anche da loro. Sono stato proprio bene, nonostante il grande scetticismo iniziale.

Che intende dire?

C’erano problemi anche per i campi di allenamento: andavamo al Bione senza sapere se avremmo giocato sull’erba, sulla terra battuta o sull’asfalto… Sono passati 25 anni ed era la preistoria, ma riuscimmo a fare buone cose. Il Lecco di oggi come infrastrutture e solidità mi sembra migliorato.

Il presidente Di Nunno, se resterà, vorrebbe fare una squadra di giovani. È pericoloso?

Se non hai da pescare elementi già pronti per la C nel tuo settore giovanile devi andare a prenderlo altrove. E non è semplice. Poi la squadra di giovani vuol dire prendere un allenatore che deve crescere un gruppo e una struttura di un certo tipo. Nel giro di due-tre anni, non a breve scadenza… Hanno ragione Fracchiolla e De Paola a volere un orizzonte medio-lungo, se devono fare un’operazione del genere. A meno che tu non voglia fare una squadra di inesperti, di giovani tout-court e andare allo sbaraglio. E retrocedere. Devi avere un paio di vecchi per reparto almeno… Il che non vuol dire imbottirsi di 38-40enni. La rosa di ragazzotti ti fa fare solo brutte figure. Il mix giusto, invece, può portarti lontano, alla salvezza almeno….

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