«Non sono così vecchio come sento dire. E remo tutti i giorni»

Intervista con Giuseppe Moioli , leggenda mandellese del canottaggio che oggi compie 95 anni e continua a essere un punto di riferimento in Guzzi.

Il mito fatto persona. Giuseppe Moioli non è solo leggenda del canottaggio azzurro, ma anche maestro di vita.

Nel suo palmares quattro partecipazioni olimpiche (oltre a Londra 1948 anche Helsinki ’52 e Melbourne ’56, sempre sul quattro senza, e poi Roma ’60 da riserva), un titolo mondiale e cinque Europei. Oggi compie 95 anni ed è circondato da tanti amici.

Ma lui non sposta di una virgola il suo modo di vivere tutti i giorni. Sveglia di buon mattino e via in bicicletta dalla sua casa di Olcio alla Canottieri Moto Guzzi.

Circa tre chilometri senza fiatone, rimuginando il programma di allenamento dei suoi ragazzi e il suo esercizio di 2000 metri al remoergometro.

Arriva in canottieri verso le 8, concorda con l’allenatore Luigi Riva la scaletta degli esercizi e verso le 10 risale in sella alla bici per tornare a casa.

Al pomeriggio esce in barca per seguire i “suoi” ragazzi. Ha una memoria come un computer, perché cronometro alla mano, prende loro i tempi del passaggio del remo in acqua e si ricorda se è migliorato o peggiorato rispetto a un anno fa. Si porta la sedia su ogni campo di gara e annota tutti i gesti tecnici dei suoi.

Ma spesso sale ai monti in sella alla sua Fantic 250 da trial, con attaccato dietro la slitta per caricare la legna e per curare i suoi ulivi.

Per fare quattro chiacchiere con lui, siamo andati a casa sua ad Olcio, dove lo abbiamo trovato con Luigi Riva a parlare ovviamente di canottaggio.

Il 9 agosto 1948, il giorno dopo il compimento del suo 21° compleanno, a Henley on Thames, Giuseppe Moioli toccò il cielo con un dito vincendo l’oro olimpico in quattro senza con Franco Faggi, Giovanni Invernizzi e il piemontese Elio Morille.

Giorno memorabile che ricordo come fosse ieri. Battemmo in finale la Danimarca e gli Stati Uniti. Ma arrivare a Londra non fu un viaggio facile: ore interminabili in treno e imbarco in traghetto. Oltre tutto patimmo la fame per tutto il tempo di permanenza e fu un sollievo per lo stomaco quando tornammo a casa.

Facciamo un passo indietro. Quando iniziò a remare e perché?

Decisi di cominciare a remare perché ero stufo di andare tutte le mattine in montagna sopra Olcio a tagliare la legna. Era il 1944 e andai a remare in canottieri e mi trovai subito a mio agio. Nel 1946 vinsi una gara con la Jole a quattro a Mandello e fui assunto come impiegato alla Moto Guzzi. Quando tornammo dalle Olimpiadi di Londra del ‘48, la direzione mi regalò un Guzzino 75. Fu una grande gioia.

Non le chiedo tutte le regate che ha vinto con la sua barca preferita, il quattro senza. Però cosa è andato storto a Helsinki 1952?

L’avventura iniziò sin dal viaggio. Ricordo che il treno dovette attraversare un tratto di Unione Sovietica e ci oscurarono i finestrini per impedirci di guardare fuori. Le Olimpiadi andarono come andarono. Ci fermammo in semifinale perché eravamo in corsia 6 e stavamo vincendo quando il motoscafo della giuria ci passò tanto vicino da far affondare il remo di Morille. A vincere poi l’oro fu quella Yugoslavia che noi avevamo battuto l’anno prima a Torino. Che rabbia.

Ha qualche rimpianto?

Non è un rimpianto, ma una curiosità che non sono mai riuscito a soddisfare: vedere il filmato della gara di Henley del 1955 dove perdemmo perché Carri, al carrello numero 3, ebbe un filaremo. Mi piacerebbe rivedere cosa veramente era successo.

Quando ha smesso di remare?

Nel 1960 e ho cominciato ad allenare. Sono stato per un breve periodo nel 1974 alla Canottieri Lecco, ma poi sono tornato alla Moto Guzzi.

Lei ha plasmato grandi campioni lecchesi quali Piero Poli, Carlo Gaddi, i fratelli Carlo e Niccolò Mornati. Adesso chi segue ?

Andrea Panizza quando è casa, o dalla barca o dal molo di Olcio e vedo che esegue bene i miei consigli. Seguo anche Simone Fasoli e Simone Mantegazza, oltre a qualche giovane in cui vedo buone qualità.

Cosa ritiene sia più cambiato dal canottaggio dei suoi tempi a quello attuale?

Sono migliorati sicuramente i materiali, i tempi e lo spazio dati agli allenamenti, tuttavia persistono le pecche nella cura a fondo del gesto tecnico. È importante valutare con frequenza il tempo di passaggio del remo in acqua, perché da lì dipende il miglioramento e meno della palata.

Lei ogni giorno tira al remoergometro.

Mi piace, mi tengo in esercizio e fa bene alla salute. Pensate che Martinoli della Gavirate mi ha iscritto come agonista nelle gare indoor. Sinora non ho mai partecipato, ma ci sto pensando di farlo prima o poi...

Va sempre anche a Piediluco quando ci sono le gare nazionali ed i raduni. Non le pesa il viaggio? Ascoltano i suoi consigli?

È un piacere andare con il pulmino della società insieme ai ragazzi. Dico sempre che la base di partenza per un vogatore è il due di punta, la barca perfetta da cui l’atleta impara a remare e da lì poi può fare tutte le specialità. Io sono a disposizione se mi chiamano a collaborare. Non sono poi così tanto vecchio come dicono.

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