«Ho allevato Bambi. Ora dopo due anni me lo portano via»

La storia Giovanni Del Zoppo, di Chiesa in Valmalenco aveva trovato il cerbiatto solo e l’ha portato in stalla. «A suo agio, ma in quanto selvatico non lo posso tenere»

E’ disperato Giovanni Del Zoppo, 58 anni, di Chiesa in Valmalenco, operaio in una cava del Giovello e attivo nell’azienda agricola di proprietà della figlia Sara, in Val Rosera. E’ lì che il 28 giugno di due anni fa, di buon mattino, sotto un ponticello, ha trovato un cerbiatto si può dire appena nato. Dopo aver atteso inutilmente fino a mezzogiorno l’arrivo di mamma cerva, lo ha preso con se e l’ha portato in stalla, in Val Rosera, dove vive da due anni, accudito e coccolato. Bambi, questo il nome del cerbiatto, è domestico come un cagnolino, ma per la legge è un animale selvatico per cui si configura l’ipotesi della detenzione illegale.

«Mi hanno detto che me lo portano via - annuncia Giovanni - e non riesco ad accettarlo. Sono venuti una quindicina di giorni fa gli operatori dell’Ats e della Polizia provinciale, hanno fatto un sopralluogo e hanno steso un verbale, in cui dicono che l’animale è tenuto in modo ottimale, perché in effetti non gli manca proprio niente, però è tenuto illegalmente. In quanto animale selvatico non posso tenerlo qui con me, con noi, perché ormai le mie nipotine Carlotta e Caterina si sono affezionate. Io non sto a dire quanto. Mi segue ovunque, come un cagnolino».

Giovanni ora non si capacita del motivo per cui deve lasciare il cervo, considerato che è tenuto benissimo.

«Mi hanno detto che, andando a breve in amore, potrebbe diventare pericoloso, ma io non credo proprio che un animale ormai domestico come Bambi, possa rivoltarsi contro di noi o contro le pochissime persone che frequentano la nostra azienda - dice Giovanni - e non capisco perché portarlo nell’agriturismo di Dazio, dove lo vogliono portare e dove, per quanto bene possano fare, non potranno dedicargli il tempo che gli dedichiamo noi. Perché dopo averlo svezzato mia figlia Sara, al biberon, col latte di capra, ora, lo accudisco personalmente, dandogli mangime fioccato misto a mais, sali minerali, acqua fresca a volontà. Vado persino a tagliargli pezzetti di betulle».

« E non penso proprio che possa essere la stessa cosa, anche per lui, rimanere con noi o stare in un recinto - aggiunge - . Soffrirà tantissimo la malinconia, proprio come la soffriremo noi. Magari arriveranno i turisti a vederlo, d’accordo, ma con noi si è stabilito un legame affettivo».

«La fauna selvatica, per legge, non può essere tenuta in casa, in stalla, o in altri ambienti, che non siano, a ciò autorizzati. Oltretutto, fra un mese al massimo, questo cervo, avrà il suo primo periodo di bramito, andrà in cerca della femmina, e, in questo frangente, emergerà la sua natura. Potrebbe diventare pericoloso e cominciare a dare testate, come fa, in questi casi, e col palco di corna che si ritrova, potrebbe creare pericolo nell’ambiente in cui si trova ora».

A sottolinearlo è Gianluca Cristini, comandante ad interim della Polizia provinciale di Sondrio, che abbiamo sentito per capire le motivazioni dello spostamento del cervo Bambi in altra sede.

«Stiamo parlando di un bellissimo cervo di due anni, con un bel palco, tenuto benissimo, e, fin qui, nulla da dire - osserva Cristini -, ma resta il fatto che non si può detenere un animale selvatico come fosse domestico e che solo centri autorizzati lo possono fare. E un centro autorizzato cui, solitamente, ci rivolgiamo, per questo genere di situazioni, è l’allevamento di Dazio di cui si tratta (Pedruscia, nda), non in quanto agriturismo, ma in quanto allevamento di ungulati».

Ovvio, il nostro Bambi non è, di certo, destinato al macello, tutt’altro.

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