Se Renzi vince
viva Renzi

Vittorio Feltri – che resta comunque uno più bravo degli altri – ha commentato così la sua stravagante candidatura a presidente della Repubblica: «Fa piacere essere citato da qualcuno anche per il Quirinale: è sempre meglio che farsi dare della testa di “czz” in pubblico… Ma il fatto che sia uscito il mio nome dimostra a che punto siamo arrivati nel decadimento della nostra classe politica».

Magistrale. È l’analisi più colta ed efficace dell’elezione del nuovo capo dello Stato, conclusasi con il trionfale plebiscito di Sergio Mattarella – persona perbenissimo - che ha dimostrato, se mai ce ne fosse bisogno, quale livello di impresentabilità e bollitura abbia raggiunto un ceto politico ormai alla stracanna del gas. Va bene che a sinistra (?) c’è n’è uno che in quanto a tattica, spregiudicatezza e fanfaronismo si sta rivelando un vero demonio, un Keyser Soze del gioco delle tre carte, ma che a destra l’idea più luminosa partorita dalla coppia di fenomeni Salvini-Meloni - due statisti da niente – sia stata quella di infiocchettare una buffonata senza alcun senso e prospettiva sfruttando la fama di un giornalista vip fa venire da piangere. O da ridere, che è pure peggio. Se le nuove leve che dovrebbero intraprendere la guerra guerreggiata al “regime” renziano sono due sarchiaponi del genere, allora siamo rovinati. Diciamoci la verità, da quelle parti nessuno ci ha capito niente e visto che l’unico fuoriclasse dell’area – Berlusconi – sembra ormai cotto e stracotto, allora si aprono scenari imperiali per l’Italia del prossimo ventennio. Renzi per sempre.

E almeno a questo ci siamo arrivati da soli. Perché un’altra categoria che ha regalato agli italiani momenti di autentico spasso è stata quella – in servizio permanente effettivo – dei notisti politici, che ci ha ammorbato per giorni e giorni con analisi, controanalisi, teorie, complotti, dietrologie, scenari e retroscena grazie ai quali spiegava a noi povero popolo bue stravaccato sul divano in ciabatte e canotta come vanno le cose nel rutilante mondo della politica. E che toni, che pose, che occhialini alla moda e che sorrisetti ammiccanti che io c’ho le frequentazioni giuste, che noi si bazzica i palazzi della Roma flaianesca dai tempi dei tempi e noi sì che la sappiamo lunga sulla morta gora del potere e che tweet tutti compresi e che tripli binari e che battutisti da circolo della vela. Insomma, una sfilata di scienziati, di cervelloni tutti lì a ponzare e discettare e grattarsi la pera sul patto del Nazareno e il Porcellum e il Mattarellum e il clan dei siciliani e i giovani turchi e le “renzine” e la Ditta e le trame vaticane e quello che lo dice ma non lo pensa e quell’altro che lo pensa ma non lo dice e quello lì che è amico di quello là ma nemico di quello su e pure di quello giù e quindi questa è la rosa dei candidati, fidati, e questo sì e quello no e le quote rosa e la sinistra diccì, che alla fine te ne andavi a nanna certo che anche l’elezione del presidente della Repubblica è tutto un magna magna e che l’accordo era già fatto e tutto il resto era solo granone per polli in batteria come noi, instupiditi davanti ai plastici di Vespa o alle piazze sudate dei talk “de sinistra”.

Poi, all’improvviso, ti arriva il nuovo Fanfani che fa tutto il contrario e ti rendi conto che nessuno ci aveva capito una mazza (primo fra tutti chi scrive questo pezzo, che se fosse uno sveglio figurati se sarebbe diventato direttore). Panico tra gli editorialisti. Terrore dei quaquaraquà beccati clamorosamente in castagna e quindi – continui a pensare tu, anima candida – fuga in massa dei suddetti in cerca di un sottoscala dove sotterrarsi per i prossimi vent’anni. E invece no, dopo un attimo di smarrimento, eccoli di nuovo lì a spiegare e decriptare e concionare col ditino alzato e le chiazze di forfora sul bavero della giacca, che era ovvio che Renzi avrebbe fatto il salto della quaglia su Mattarella con la minoranza piddì e che fesso il Cavaliere e che disastro Forza Italia e solo un pirla poteva non intuirlo. D’altronde, non è sempre andata così? È esplosa la Lega, poi Berlusconi e infine Grillo e tutti quanti se ne sono accorti sempre dopo - chissà perché? – ma comunque in tempo per confermare al mondo intero che gli italiani sono sempre pronti ad andare in soccorso dei vincitori.

E, quindi, anni meravigliosi ci aspettano. Mentre nel centrodestra cercheranno affannosamente di trovare un ubriaco, un artista di strada o anche una sagoma di cartone che si candidi a leader, dall’altra parte è già partita la campagna di santificazione, mitizzazione e boldrinizzazione del capo dello Stato – serio, colto, sobrio, mite ma deciso, riservato ma introdotto, meridionale ma europeista e bla bla bla – che basta solo che si infili un loden per far rivivere come in sogno l’epopea Monti, dipinto per mesi dai media come il nuovo Churchill prima di trasformarsi in un figurante del Bagaglino.

Ora Renzi – un vero genio della tattica politica, niente da dire - ha tutto in pugno. Tutto. E proprio per questo noi non mancheremo di fargli sentire il morso del controllo deontologico del cane da guardia della democrazia, che ha la schiena dritta e non guarda in faccia a nessuno, soprattutto al principe nella stanza dei bottoni. Che Renzi si prepari, quindi, alla nostra raffica di inchieste feroci e spietatissime: Renzi che taglia nastri, Renzi che rilancia il made in Italy, Renzi che spiega a Obama come vincere le elezioni, Renzi che risolve il giallo di Garlasco, Renzi che modella uno stilobate, Renzi dal Manzanarre al Reno, Renzi che atterra e suscita, Renzi che dona oro alla patria, Renzi che accarezza bambini biondi, Renzi che invade la Polonia. Sarà un inferno per lui, perché noi saremo peggio del cecchino di Clint Eastwood. Implacabili.

Si ricordi solo che, esattamente come con Mussolini, Craxi, Berlusconi e mille altri prima di loro, la plebe italiana prima ti lecca i piedi poi, per i piedi, ti attacca su per un lampione…

© RIPRODUZIONE RISERVATA