Profughi, non si lasci
sola la città

Cresce di giorno in giorno l’emergenza nella zona della stazione San Giovanni dove nell’arco di due-tre settimane è triplicato il numero di profughi accampati con la speranza di varcare il confine. Negli ultimi giorni è stata accertata la presenza di 400 persone, molte le ragazze e non mancano i bambini. Quasi tutti dormono nel parco, solo una piccola parte può trascorrere la notte sotto il tendone della Croce Rossa e ora anche nei locali dell’oratorio della parrocchia di Sant’Agata.

Il Collegio Gallio ha messo a disposizione le docce della palestra. Ai pasti pensano i volontari, la mensa organizzata a Sant’Eusebio e l’associazione svizzera Firdaus. Tutto qui. Ed è molto, moltissimo, a considerare ciò che hanno fatto i volontari nelle mille declinazioni del loro impegno. Ma è nulla, o poco di più, a pesare ciò che le istituzioni - a cominciare dal Governo nazionale – hanno fatto per garantire un’assistenza dignitosa. Continua a non essere operativo il presidio sanitario annunciato dalla Regione (forse lo sarà lunedì). Mancano risposte concrete a bisogni materiali. Mancano mediatori linguistici e culturali, indispensabili a fornire informazioni chiare. L’unica risposta concreta, perlomeno sin qui, è stato il trasferimento coatto di una quota di profughi nel Sud Italia, nella speranza, in ogni caso vana, che così facendo si limiti la pressione sul territorio. Non basta e non si sa fino a quando potranno metterci una pezza la generosità e la buona volontà dei cittadini, singoli o organizzati in associazione.

L’impressione è quella di essere di fronte a una situazione potenzialmente esplosiva che non si può continuare a ignorare nella speranza, a questo punto si può ben dire illusoria, che l’emergenza rientri da sé. I comaschi devono poter avere risposte chiare e concrete. E le istituzioni devono tenere conto che, anche in una comunità generosa qual è la nostra, esistono sensibilità differenti, non tutte ugualmente disponibili all’accoglienza ma allo stesso modo legittimate ad avere ascolto e attenzione. Soprattutto se si tratta, come in questo caso, di accoglienza priva di tempistiche certe e in un luogo, la principale stazione, che è porta di accesso alla città e come tale merita particolare cura e decoro. Di fronte a una situazione eccezionale occorrono risposte all’altezza innanzi tutto a tutela degli stessi migranti. Appare perciò più che fondata la richiesta al Governo di attivare tutte le procedure di emergenza indispensabili a far sì che intervengano le strutture della Protezione civile. Como non può essere lasciata sola a sopportare un fardello così pesante. Si tratta della stessa richiesta che hanno formalizzato nei giorni scorsi i partiti locali del centrosinistra. Ma anche gli altri schieramenti politici hanno chiesto, in forme diverse, l’intervento del Governo che sordo ancora a lungo non può più rimanere.

Una proposta in campo può essere quella di attrezzare per l’accoglienza la caserma De Cristoforis e in effetti il sito ha tutte le caratteristiche adatte a ospitare infrastrutture destinate a gestire un’emergenza che si prospetta di lungo periodo. La caserma è una delle opzioni, altre possono certo essere prese in considerazione. Ciò che non si può più fare è chiudere gli occhi e voltare lo sguardo.

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