Pedaggio: la protesta
gandhiana dei comaschi

Chi bazzica sul nostro sito laprovinciadicomo.it avrà trovato molto traffico nelle notizie legate alla tangenziale di Como e alla Pedemontana in generale. Un affollamento soprattutto di commenti che pubblichiamo nella doppia pagina di cronaca dedicata all’argomento. Andateveli a leggere. Abbiamo scelto anche quelli tra i molti che trasudano buon senso, lo stesso che evidentemente è stato utilizzato con molta parsimonia nell’intera e più che annosa gestione di un’opera attesa in maniera messianica da un territorio che, dopo averla ottenuta, si è ritrovato ancora preso in giro.

Cosa c’è di nuovo? Si starà chiedendo il lettore che ha avuto la bontà di seguirci fino a qui. Il bello è che non c’è nulla di nuovo. Ed è il paradosso dei paradossi. Lo stesso presidente della società Pedemontana, Massimo Sarmi, ammette il disastro della tangenziale moncherino di Como, ma nello stesso tempo ci informa che non può fare nulla per cambiare la situazione se non sperare che i comaschi ricevano una sorta di illuminazione divina che li porti a percorrerla almeno come nel breve periodo in cui non si pagava.

Al di là dei bizantinismi legati alle difficoltà di un sistema di incasso dei pedaggi che sembra essere stato progettato da Spennacchiotto l’inventore malvagio nemico di Archimede Pitagorico nei fumetti di Topolino, infatti, Sarmi non ha torto quando sottolinea come, alla fine, i 63 centesimi che la tangenziale esige da ciascun automobilista, siano una cifra inferiore a quella versata per un’ora di sosta nella maggior parte dei parcheggi della città di Como.

Ma, come ammette lo stesso manager, il rifiuto del pedaggio è ormai diventato una questione simbolico. Una maniera civile e gandhiana anche se un po’ rassegnata e perciò molto comasca, con cui i cittadini esprimono la delusione e l’amarezza per le tante promesse non mantenute attorno a quest’opera. A partire dalla promessona rimangiata con quella spudoratezza di cui solo i politici più navigati sono capaci, del secondo lotto che, se realizzato, avrebbe troncato sul nascere tutti i problemi. Perché sarebbe stato logico pagare per una strada che, non a caso, era stata pensata così: come efficace arma di difesa dal traffico di attraversamento che opprime ogni giorno la città e il circondario di Como con tutte le conseguenze del caso, anche sul versante sanitario.

Insomma il boicottaggio del balzello telematico della tangenziale è un po’ la versione ridotta della protesta del tè che diede la stura all’indipendenza degli Stati Uniti o al rifiuto dei milanesi ancora inglobati nell’impero austroungarico di consumare tabacco dopo un incremento delle tasse sul prodotto. Anche da qui partì la risorgimentale campagna per l’Unità d’Italia. Ci vollero però i piemontesi per aiutare la Lombardia a salutare Cecco Beppe. Ora forse ci vorrebbero i romani, nel senso del governo, a cui sono stati rivolti numerosi appelli perché arrivi a mettere quella toppa e impedire così che nel cuore dell’operosa Lombardia rimanga una strada ultramoderna su cui non viaggia nessuno come quelle del sud assurte a simbolo dello spreco assistenzialista di cui fa cenno anche un grande film di Monicelli qual è Romanzo Popolare. Perché pure qui di quattrini pubblici ne sono stati dilapidati parecchi, circa 175 milioni per un moncherino di tangenziale.

Se invece continuerà l’andazzo attuale le notizie sulla tangenziale pubblicate sul giornale e sul nostro sito continueranno a essere più trafficate del loro oggetto.

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