Manzoni o Volta?
Il lago è uno solo

Manzoni non c’è? Questo interrogativo è risuonato più volte durante la mostra Lake Como Essence a Expo.

E non pochi visitatori entrando nello spazio allestito dalla Camera di commercio comasca guardando il pannello animato con il viso di Alessandro Volta, l’hanno scambiato per lo scrittore. Un aneddoto accolto con il sorriso dagli organizzatori, anche quando la domanda successiva era perché non ci fosse spazio dedicato ai Promessi Sposi. Ragione semplice: perché quella era la mostra di Como, non di Lecco. I due enti camerali, per motivi legati anche ai tagli annunciati dalla riforma governativa, non avevano potuto procedere insieme nella grande sfida dell’Esposizione universale.

Spiegazione ragionevole, ma che allo stesso tempo non può essere capita, e ancor meno servita sul piatto del turista in arrivo al lago.

Perché il lago è uno: non solo geograficamente, ma come bellezza, come storia, come capacità di accoglienza, come sapori e cultura.

Non si possono tirare righe che lo separino, anzi considerando la provenienza di visitatori nel segno della varietà e di mercati lontani, si rischia molto a perseverare su questa strada: hanno peso i brand, le suggestioni che avvolgono, le identità che fanno sentire partecipi, non che creano isole incomprensibili.

Ieri la Regione, che ha tirato fuori un investimento non da poco di questi tempi, ha ammesso in modo chiaro ciò che un anno fa Oliviero Toscani affermava in modo più infuocato. Ovvero oggi lo straniero mai annuncerebbe: vado a fare le vacanze in Lombardia. Non è un brand. Non lo dichiarerebbe nemmeno l’italiano, perché non percepisce la regione del fermento laborioso come una destinazione turistica: chi viene dall’estero, poi, neanche coglierebbe il significato di questo nome.

Ma Lake Como, sì. E significa un lago, magnifico: non Como o Lecco, non la singola località (anche se alcune esercitano più appeal di altre), bensì quel luogo che sa abbracciare con una sua atmosfera unica.

Vado sul lago di Como, sì, un turista lo esclama, e sicuro di suscitare interesse attorno a sé. Quell’ammirazione che porta gli americani a parlare di paradiso.

Oggi bisogna rivolgersi al al pianeta così, e per farlo lo strumento migliore è quello che arriva dappertutto e che non è più nemmeno più un modo tra gli altri, una direzione. Piuttosto, è diventato un linguaggio che attraversa ogni attività umana: il viaggio, a maggior ragione.

Il virtuale è uno strumento potente per superare i confini: si dovrebbe rivelare altrettanto capace di battere i campanilismi ancora così radicati. E lo deve fare in fretta, perché in fretta il mondo si sta muovendo.

Oggi non unire le forze, quindi, non è solo un peccato: rischia di trascinare a fondo chi continua a ballare da solo. Vale anche nel turismo: se un viaggiatore non capisce subito di cosa si sta parlando, si allontana e sceglie un’altra meta. Bisogna dunque offrire il meglio, essere accoglienti, saper parlare magistralmente l’inglese (come insegnano le delegazioni straniere in visita da Expo in questi giorni). Tutto vero.

Prima, però, bisogna sapersi presentare, invitare nella maniera più accattivante e richiamare i “fans” di Manzoni e di Volta.

Che in fondo hanno cantato, con la loro arte e la loro scienza, lo stesso lago. Uno solo,le medesime acque per costruire il futuro di questa terra.

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@MarilenaLualdi

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