Il turismo è ricchezza. Occorre crederci

Quando si parla di turismo culturale è difficile non ripensare a “Le vacanze intelligenti”, quell’episodio del film “Dove vai in vacanza” diretto da Alberto Sordi in cui una coppia un po’ attempata di romanacci veniva costretta dai figli a lasciare il lido di Ostia e le magnate per un tour sfiancante fra le eccellenze museali, archeologiche e artistiche della Penisola. Quell’immagine, per quanto caricaturale, rispecchia fedelmente una certa visione punitiva che per tanto tempo ha accompagnato l’idea dei tour a vocazione intellettuale,visti come un’alternativa un po’ mortificante a quelli goderecci e votati all’ozio o, al massimo, alle immersioni sulla barriera corallina.

E’ ancora così? L’Italia notoriamente detiene un’enormità di beni cosiddetti culturali – per chi ama i numeri, il sito dell’Unesco ne censisce 936 – ma è altrettanto noto che non sappia come gestirli in modo efficiente o per lo meno come metterli a reddito. Fece notizia nel 2013 il clamoroso successo della mostra che il British Museum di Londra allestì con 250 pezzi prestati dagli scavi di Pompei: un incasso di 11 milioni di euro, più o meno raddoppiato grazie alla vendita del film dedicato all’esposizione. Il totale, 22 milioni, è quanto l’intero sito campano – uno dei poli archeologici più famosi del mondo – incassa in un anno, se non ci si mettono troppi crolli di mezzo.

Eppure è cresciuta in questo ultimi anni una visione del turismo culturale che punta a metterne in evidenza le potenzialità di traino dell’economia e di rilancio dell’occupazione, potenzialità che non possono che andare a braccetto con uno sforzo di svecchiamento dell’offerta e rilancio in termini – non è una parolaccia – di marketing.

Anche Como ha dalla sua un patrimonio culturale importante – dal Razionalismo a Volta, di cui proprio ieri si festeggiava il compleanno, giusto per citare i due spunti più noti - che in parte già dà manforte l’industria del turismo ma che certo potrebbe fare molto di più. Se ne è parlato ieri sera all’Hotel Palace, alla presentazione del premio internazionale di letteratura “Città di Como”, parlando della cultura come di un volano per il turismo. Ma già l’anno scorso erano emersi da uno studio di Fondazione Symbola, di cui è presidente Ermete Realacci, e Unioncamere, interessanti spunti sulle potenzialità dell’indotto del turismo comasco legato alle sue ricchezze architettoniche, artistiche e museali. Como, in base a quella ricerca, era nella top ten italiana dell’industria del turismo culturale per numero di imprese (10,1% del totale), occupati (17 mila) e valore aggiunto (deriva da questo settore il 6,9% della ricchezza complessiva prodotta dall’intera provincia).

Il tutto dimostra che il mondo della creatività e dell’industria culturale può essere, e in certa misura è già, di grande aiuto allo sviluppo e alla crescita di un territorio. La cultura, e i flussi turistici che muove, se opportunamente coltivata e valorizzata con idee e investimenti, è un valore aggiunto che ha un effetto moltiplicatore su tutti gli altri settori della vita della città, non solo in termini economici. L’importante è che ci credano non solo gli operatori privati ma anche il pubblico, in un’ottica che anche in questo settore non può più che essere di sinergie. E riconoscere a musei, monumenti e chiese, ma anche a mostre e festival – eventi che sempre più muovono le masse – il ruolo che spetta loro, non di comprimari, accessori o carrozzoni ma di protagonisti e motori della vita delle nostre città.

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