Il calcio e la guerra
tra uomo e donna

Quando quel genio assoluto di Fabio Capello, nell’elettrico dopopartita di Atletico Madrid-Juventus, ha maltrattato la sdottoreggiante Ilaria D’Amico, dicendole che di calcio non capisce sostanzialmente una mazza, in tutti i salotti della repubblica delle banane è calato un attimo di silenzio. Un silenzio assoluto. Un silenzio immoto. Un silenzio catartico. Un silenzio di neve. Poi, come un turbine, sono scattati novantadue minuti di applausi.

Ululati, guaiti, urla belluine, fischi, pernacchie, sghignazzi, schiaffi del soldato, ombrelli, gestacci attributizi degni del peggior Simeone, lazzi, frizzi, cottillon, cerbottane, majorette, firlinfeu, nani&ballerine, gatti morti, torsoli di mela e smozzichi di focaccia rancida scaraventati fuori dal balcone. Un circo. Un sabba. Un rave party. Un trionfo di maschilismo, di machismo, di sessismo, di luogocomunismo, di “Wilma, dammi la clava!”, di “Qui dentro comando io!!”, di “Caro, quest’estate vorrei andare in un posto dove non sono mai stata” “E allora fatti un giro in cucina!!!”, di “Che la piasa, che la tasa che la staga in casa!!!!” e tutto il resto della rivolta del maschio medio, del maschio profondo, del maschio da osteria, del maschio in quanto tale, tifoso marcio, pallonaro, caprone, attaccabrighe, antisportivo, avvinazzato vessato da anni e anni di insopportabile regime di politicamente corretto femminilizzato.

E il fatto curioso è che la rivolta di Fantozzi sia arrivata a contagiare personaggi insospettabili come il mite Fulvio Collovati, che a “Quelli del calcio” l’ha fatta fuori dal vaso con il suo “quando sento una donna parlare di tattica mi si rivolta lo stomaco”, e l’ancor più azzimato Alessandro Costacurta: “Se mia moglie avesse detto dei miei compagni le cose che ha detto Wanda Nara, l’avrei cacciata di casa”. Per non parlare del pirotecnico, coltissimo e oggettivamente esagerato giornalista Giancarlo Dotto che, parafrasando Bukowski, ha sibilato contro Diletta Leotta un “Dio creò la donna distesa a letto, non creò la donna al fianco di Caressa, Pardo o Piccinini”. Apriti cielo. La sommossa è dilagata così rapidamente che nel delirio della vendetta, già si pianificava di rastrellare tutte le giornaliste, le commentatrici, le presentatrici e le vallette di ogni ordine e grado del calcio italiota, metterle in ginocchio sui ceci e obbligarle alla visione ininterrotta e continuativa di capolavori imprescindibili quali “L’allenatore nel pallone”, “Paulo Roberto Cotechino, centravanti di sfondamento”, “Eccezzziunale… veramente” e infine, sapido fuoriprogramma, “La polizia si incazza”.

Il dramma è che, alla fine, il regime del politically correct si è incazzato per davvero. E sono partite le epurazioni. Collovati è stato giustiziato dal Tribunale del Popolo con due settimane di sospensione e mea culpa in diretta tivù sullo stile di Dolce e Gabbana in Cina, Costacurta ha scomodato Freud per piagnucolare che la persona che aveva detto quelle cose non era lui e, infine, pare che Dotto, travestito da infante dentro una carrozzina, sia costretto ogni sabato pomeriggio a volare giù da una scalinata come nella celebre scena della “Corazzata Potemkin”. E adesso è tutto un profluvio di dichiarazioni accorate su quanto sia vergognoso questo episodio, quanto alta invece la professionalità delle colleghe tutte e che tubini, tacchi dodici e décolleté dalla quarta in su non c’entrino un bel niente con le loro carriere, quanto bisogno ci sia di un #metoo pallonaro che metta fine all’odiosa oligarchia fallocratica e quanto questo rappresenti l’ultimo orizzonte del femminismo duepuntozero e bla bla bla.

E il fatto che i più scatenati hooligan dell’ordalia siano proprio i maschietti la dice lunga su quanto gli uomini siano dei gran vigliacchi. Ecco l’insegnamento, la pedagogia, la cifra di una verità antica come il mondo. E la verità - credete a un pirla - è che tutti quanti la pensiamo come Capello, ma tutti quanti davvero, anche se ormai non osiamo più dirlo. Sicuramente abbiamo torto, ma lo pensiamo lo stesso e sempre lo penseremo. Questo è certo. Perché quel giocattolo è il nostro giocattolo e quindi non possiamo che sottoscrivere parola per parola quell’altro genio mattoide di Massimo Fini - “Provate a spiegare a una donna il fuorigioco e poi mi dite” - che individua nel calcio l’ultimo luogo sacro in un Occidente totalmente lasco e materialista che, come ogni rito, richiede una concentrazione assoluta. Un rito maschile, addirittura omosessuale, “nel senso che permette di esprimere, sublimandola, l’omosessualità che è in ciascuno di noi senza incorrere nel rimbrotto sociale”. Tesi affascinante, per quanto estrema, ma che è vietato - vietato! - esibire in pubblico.

Ora, è vero che esistono donne molto competenti in materia: lo ha ricordato Paolo Ziliani sul “Fatto quotidiano”: ad esempio, l’ex calciatrice Carolina Morace (donna) non ha mai detto, come l’ex calciatore Massimo Mauro (uomo), che “Lemina è meglio di Modric” e la giornalista Emanuela Audisio (donna) non ha mai detto, come il giornalista Mario Sconcerti (uomo), che “CR7 nella Juve dell’anno scorso avrebbe fatto la riserva”. Ed è anche vero che di maschi che di calcio non capiscono una cippa ne rigurgitano i bar, le redazioni e i talk show, basti pensare alle svariate trasmissioni di scalcinatissime emittenti locali dove torme di ubriachi molesti si svillaneggiano a forza di rutti e torte in faccia sul giro palla del Barca e la crisi del sarrismo. Ma a noi di questo non importa un bel niente. E non ci spieghiamo di come del procuratore Raiola (uomo) si possa dire che è un sarchiapone, un traffichino, un bandito e un analfabeta senza che nessuno faccia un plissé mentre se solo si accenna alla plateale incompetenza della moglie di Icardi (donna) come procuratrice, arriva la polizia politica e ti schiaffa in un campo di rieducazione.

C’è qualche cosa che non va. Sarà anche per questo che nella gara tra impresentabili noi abbiamo già scelto con chi stare.

@DiegoMinonzio

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