In strada come foglie
sugli alberi d’autunno

Solitamente d’autunno cadono le foglie, non i cavalcavia. Ma in un paese fragile, che trema spesso, dove le tante parole coprono i vuoti di idee ma sono inutili a ripianare le buche nelle strade, può capitare che il cavalcavia di un’operosa regione ceda facendo scempio di un ignaro essere umano il quale, passando per di lì, probabilmente aveva per la mente pensieri quieti. Azzardo però che non si stesse ripetendo quel verso di Ungaretti, «Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie» che, benché scritto in assai diversa situazione, ha in sé una potenza espressiva che ne permette l’applicazione a svariati momenti della vita.

A me questo brevissimo e celebre componimento di Ungaretti è tornato alla memoria: pensiero, o preghiera, laico, rivolto all’ignaro automobilista che nel momento della tragedia magari stava valutando come occupare il tempo che lo separava dalla cena in famiglia, che fare ancora nella poca luce che rimaneva prima del buio.

Oppure, perché no ?, stava proprio pensando a quei versi di Ungaretti.

Perché no, visto che è del poeta dare voce, parole a sentimenti che ciascun essere umano avverte nel profondo. E se nella primavera è facile percepire la potenza della rinascita, ecco l’autunno coi suoi colori quasi eccessivi,l’acuto finale di una sinfonia dopodiché il silenzio.

E le sue foglie.

Peraltro, quali che fossero i pensieri dell’ignaro automobilista, e anche ammesso che pensasse proprio quelli, quei versi meditati per soldati di trincea, oso scommettere che dovendo andarsene avrebbe voluto la leggerezza di una foglia, quale che sia: accarezzata da un’ala del vento e altrettanto lievemente deposta da qualche parte.

Fatalità ?

Questione di cinque minuti prima o dopo,dieci chilometri all’ora in più o in meno ?

Bisognerebbe chiedere al cavalcavia, sentire in proposito il suo parere. Forse, avesse voce per parlare, direbbe che ha ceduto per sfinimento,tentando, prima di lasciarsi andare, di dire che non reggeva più certe fatiche. Peraltro le cose parlano,qualcuno che le sa ascoltare esiste. I muri danno segni di stanchezza con le crepe, gli argini dei fiumi troppo pieni cedono, i campi avvelenati danno frutti mortali.

E i cavalcavia cedono, repentinamente, per sfinimento, tali e quali alle foglie d’autunno che annunciano la prossima fine con i loro colori cangianti. La differenza però è drammatica. Da una parte possiamo perderci nella leggerezza di una o più foglie che si staccano da un ramo, sentirci, noi come loro, parte di un ciclo che trasforma la materia in altra materia. Il dramma è tutto compreso qui e fa la differenza. Nella morte dell’ignaro automobilista che passava per di lì. Ma anche, forse soprattutto, nel tempo che gli è stato sottratto per poter guardare anche un solo istante oltre il suo destino,elevando lo sguardo al di là del contachilometri, cassando un pensiero quieto, ordinario per sostituirlo con una preghiera, un addio,un bacio e, se ci credeva, un arrivederci.

Tutto perché un cavalcavia, che in un certo senso stava anche lui come una foglia su un albero in autunno, dopo aver dato quei segni di stanchezza che solo un cavalcavia può dare, non ha potuto fare altro che arrendersi rimpiangendo la leggerezza di una foglia alle soglie dell’inverno.

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