«Riforma fiscale. Solo con le aliquote si capirà l’impatto»

Tributi Marco Barassi, presidente commercialisti: «Fondamentale conoscere la misura della no tax area e valutare le conseguenze del taglio delle agevolazioni»

Vantaggi e svantaggi della nuova riforma fiscale saranno davvero misurabili nei loro effetti su famiglie e imprese solo «quando sarà chiara la misura della no tax area», afferma Marco Barassi, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Lecco.

Con l’approvazione, la scorsa settimana, della delega fiscale prende il via l’iter che cambierà l’intera struttura del sistema fiscale nel giro di due anni.

Al centro della riforma c’è la riduzione da quattro a tre scaglioni di aliquota Irpef, ma con l’obiettivo di arrivare all’aliquota unica, alla flat tax estesa a tutti, in aggiunta a una riduzione delle agevolazioni, cioè le 626 tax expenditures che dai calcoli del Mef nel 2023 costeranno allo Stato 83,2 miliardi di euro. In proposito la presidente del Consiglio Giorgia Meloni intervenendo al congresso della Cgil ha precisato l’impegno ad «ampliare sensibilmente il primo scaglione, quello con l’aliquota più bassa».

Con l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale si interverrà anche sull’Irpef che riguarda i redditi degli immobili, degli investimenti finanziari, da lavoro dipendente e autonomo, d’impresa e agrari. Si interverrà anche sulla cosiddetta evasione per necessità per le imprese, quella di chi non paga le tasse perché non ha soldi per farlo e che perciò con la riforma potrebbe avere sanzioni più leggere.

Secondo quanto dichiarato da Maurizio Leo, viceministro dell’Economia, alla trasmissione Porta a Porta, le tre aliquote partiranno «dal prossimo anno», un primo passo a cui si aggiungeranno gli altri previsti da una riforma che per ora è una scatola vuota visto che si devono trovare risorse e produrre i necessari decreti attuativi, con tempi che non si annunciano brevi.

Per tutto il 2023 si continuerà dunque con gli scaglioni Irpef in vigore: 25% per redditi 15mila a 28mila euro; 35% fra i 28mila e i 50mila; 43% oltre i 50mila.

Barassi spiega che «alcune prime simulazioni della nostra Fondazione nazionale evidenziano un vantaggio in termini assoluti maggiore per le fasce di reddito più alte, ma in termini relativi sembra che il beneficio possa essere superiore per i redditi più bassi. Ad esempio, se si estende la base di reddito su cui calcolare l’aliquota più bassa chi supera i 50mila euro ne ha beneficio perché fino a una certa soglia gode dell’aliquota più bassa e solo oltre tale soglia si vedrà applicare quella più alta al 43%».

È difficile per ora capire chi ci perde e chi ci guadagna. Barassi ricorda il punto rilevante di quanto l’Esecutivo intenderà stanziare per le risorse necessaria alla riduzione delle aliquote: «In genere è positivo che si tenda a una graduale riduzione dell’Irpef diversificando gli imponibili, ma è evidente che le risorse che vengono a mancare vadano sostituite con altre da trovare. Da anni sentiamo parlare di lotta all’evasione, che oggi è possibile con gli strumenti di informatizzazione e di intelligenza artificiale, ma anche identificando altre manifestazioni di capacità contributiva che ancora non sono state colpite. È importante che si voglia perseguire l’equità orizzontale trattando nello stesso modo chi è nelle stesse condizioni, ma oggi il sistema è troppo incrostato da interventi poco coordinati accumulati nel tempo. Circa la tendenza verso la flat tax che superi la progressività, ricordo che la stessa può essere raggiunta agendo sulle detrazioni».

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