Legler, ancora un mese, poi lo sfratto. Fioccano le dimissioni

Il caso Sindacati e lavoratori ormai con poche speranze. Il 19 settembre il giudice deciderà sullo sgombero, ma molti dipendenti hanno già lasciato

Meno di un mese di tempo per cercare di trovare una soluzione in continuità per la Legler, chiusa dalla fine dello scorso mese di maggio.Sono infatti ridotte al lumicino le speranze che le tre strutture alimentari della cooperativa bergamasca - tra cui quella di Calolziocorte - possano tornare a servire i clienti. Non ci credono i lavoratori. Non ci credono i sindacati. E non ci crede neppure il liquidatore Massimo Monzani.

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La deadline oltre la quale (almeno con l’attuale società, Sinergie, che fa capo alla Mdm holding) non si potrà andare è quella del prossimo 19 settembre quando il giudice dovrà decidere sulla richiesta di sfratto dagli immobili. Se dovesse accettarla, per i lavoratori, ancora dipendenti da Sinergia, rimettersi al lavoro diventerebbe impossibile.

«Attualmente - ammette il liquidatore - non mi pare ci siano elementi che possano far sperare nella riapertura dei supermercati gestiti da Sinergie. A luglio, si parlava del 23 agosto, ma non è accaduto. Tra meno di un mese, ci sarà l’udienza per lo sfratto. Se Sinergie arriverà nelle medesime condizioni in cui si trova oggi, ovvero senza avere pagato tutti gli stipendi ai lavoratori e senza avere saldato i canoni arretrati, e quindi sostanzialmente in una situazione di default, il giudice non potrà fare altro che procedere con lo sfratto esecutivo».

All’inizio di agosto, quando la cinese Wtt srl aveva rilevato il ramo tessile della Legler, era tornato un po’ di ottimismo. La fiducia era ulteriormente cresciuta una settimana più tardi, quando ai lavoratori, nel giro di qualche giorno, erano stati accreditati gli stipendi relativi al mese di aprile. Questa ulteriore novità, unita alla voce secondo cui c’era il desiderio di riprendere i lavoro, aveva rinfrancato gli animi. A distanza di tre settimane, non è però più successo nulla e ora anche i lavoratori, che avevano riposto le loro ultime speranze in quei segnali incoraggianti, stanno incominciando a guardare altrove e pensano a soluzioni alternative.«Anche noi sindacati - ammette Matteo Errico, della Filcams Cgil di Bergamo - la vediamo molto dura. Purtroppo, penso proprio che non apriranno: sono realista».

«Non avendo più avuto alcuna notizia positiva - ammette Nicoletta Ceresoli, rappresentante sindacale - molti hanno deciso di dimettersi. La normativa permette infatti di andarsene e di fare causa se ci sono tre cedolini non saldati».Anche a Calolziocorte, dove sono sette i dipendenti in attesa di sapere che cosa gli riserverà il destino, i sentimenti dei lavoratori sono i medesimi. «Sulla riapertura a settembre - ammette Barbara Moszynska - abbiamo moltissimi dubbi. Ormai, manca una settimana e non sappiamo nulla. Per questo, anche tra noi, ci sono quelli che si sono rassegnati e hanno deciso andarsene».

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