Frontalieri, unica certezza: più tasse

A Milano Vieri Ceriani, rappresentante del Governo sull’accordo fiscale, ha provato a dare rassicurazioni. I lavoratori comaschi: «Meno soldi a fine mese, sacrifici pesanti». Allarme anche dei Comuni per i ristorni

Una certezza, nel nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera si è imposta ieri a Milano. Sulle spalle dei frontalieri ci sarà un crescente peso fiscale: ci vorranno anni, ma è questo che comporterà la doppia tassazione. E – hanno sottolineato i lavoratori, come gli enti locali – ciò significherà pure meno indotto per i territori di origine.

Alla Commissione speciale sui rapporti con la Confederazione elvetica, guidata dal presidente Antonello Formenti, il capo negoziatore Vieri Ceriani ha cercato di rassicurare. Ma i frontalieri gli hanno consegnato una sfilza di quesiti, molto concreti e lui ha promesso di prenderne visione.

Il nodo è che l’intesa è tutta di natura fiscale. Il problema della disoccupazione in terra svizzera resta fuori. E i ristorni? Sarà un apposito articolo di legge a ratificarli, ma con il meccanismo spiegato da Ceriani, nel giro di dieci anni (è verosimile che l’accordo entri in vigore non prima del 2019) si ridurranno: «Comunque è un percorso graduale, ho sentito solo ipotesi fantasiose e l’accordo è rivedibile ogni cinque anni per valutare insieme le criticità».

Si levano le voci di Cgil, Cisl, Uil, Ocst e Unia. E degli enti locali. Tra i più preoccupati, il presidente della Provincia di Sondrio Luca Della Bitta: «I soldi che restavano in tasca ai lavoratori, venivano spesi sul nostro territorio». E i ristorni, pur contestati periodicamente, finora se non altro erano sempre arrivati, aiutando le aree di frontiera.

Il segretario della Commissione Luca Gaffuri (Pd) cerca di vedere più rosa: «Almeno i frontalieri potranno beneficiare delle detrazioni fiscali in Italia che finora non hanno potuto avere, dai mutui alle ristrutturazioni, oltre ad avere una franchigia di 7.500 euro, dedurre oneri sociali obbligatori e via dicendo».

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