Economia del Ticino forte
Una marcia in più
grazie ai frontalieri

Uno studio dell’Università di Neuchâtel indica tra i fattori di maggiore competitività del territorio, la presenza dei lavoratori italiani

«I frontalieri? Una risorsa. E non è vero che rubano il lavoro agli svizzeri». Un mese dopo il naufragio in termini elettorali degli slogan tipo “Prima i nostri!” e “Ci rubano il futuro!” - leit motiv della lunga campagna elettorale di Lega ed Udc - ecco che puntuale arriva un dettagliato studio firmato da tre economisti della vicina Confederazione il quale punta dritto al risultato finale e cioè al fatto che «un aumento del flusso dei lavoratori frontalieri non è seguito da un aumento del tasso della disoccupazione interna». Ciò significa che slogan e consultazioni popolari volute dai partiti che puntano ad alimentare le tensioni lungo la linea di confine, alla fine, hanno sì parlato alla “pancia” degli elettori, peraltro in parte inascoltati, ma non hanno tenuto conto delle reali fluttuazioni del mercato del lavoro ticinese e svizzero. Al sito swissinfo.ch, uno dei tre autori dello studio, ha anche affermato, in modo perentorio, che «i frontalieri sono davvero una manna per il Paese ospitante».

«I frontalieri non fanno aumentare il numero di disoccupati tra i residenti svizzeri - ha spiegato Sylvain Weber, ricercatore all’Università di Neuchâtel (uno dei tre autori dello studio) - il ragionamento di fondo è il seguente: un’azienda cerca di assumere il personale nella regione in cui si è stabilita. Se non lo trova, potrebbe trasferire parte delle sue attività. Grazie ai frontalieri può mantenere tali attività sul posto». Ragionamento che vale ovviamente per la stragrande maggioranza dei casi trattati. Per il Gruppo Kering, che ha da poco annunciato 400 trasferimenti a Novara, tale principio non ha trovato concreta applicazione. Di certo, lo studio arriva in un momento particolare dei rapporti di confine, da un lato con il (nuovo) accordo fiscale tra Italia e Svizzera fermo al palo dal lontano 2015 e dall’altro con il numero dei lavoratori frontalieri che, dopo 12 mesi di preoccupante (almeno al di qua del confine) flessione, è tornato a salire, riportandosi sopra quota 63 mila. Complessivamente, il numero dei frontalieri si attesa a quota 315 mila e rappresenta una percentuale che oscilla tra il 6% e l’8% del totale della forza lavoro. «Chi ha redatto questo studio il Ticino non l’ha mai visto nemmeno in fotografia - fa notare il consigliere nazionale della Lega dei Ticinesi, Lorenzo Quadri -. C’è da sperare che tutto questo non sia stato pagato con i soldi del contribuente e non serva a far da supporto all’accordo quadro istituzionale». 

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