Acqua finita e rischia anche il lago. «Calamità, subito un piano invasi»

Emergenza idrica Bacini alpini prosciugati, possibile stop per la navigazione dopo l’estate. Butti (FdI) al governo: «Aumentare le risorse: i 400 milioni del Pnrr sono insufficienti»

L’acqua è agli sgoccioli. E quanto sia drammatica la situazione lo è evidenziato la scorsa settimana il legale rappresentante di Enel, Giovanni Rocchi, in audizione alla commissione congiunta di Agricoltura e Montagna di Regione Lombardia. «Tutta la disponibilità è stata impiegata» dagli operatori del settore idroelettrico «per coprire la necessità del comparto agricolo nei prossimi 10 giorni».

E poi? Poi se non piove saranno guai. E se i produttori di energia elettrica sono preoccupati e gli agricoltori disperati, non va meglio per il lago di Como: «In assenza di piogge significative - dice il parlamentare comasco Alessio Butti - a settembre il lago sarà sotto di mezzo metro e ciò significa paralizzare la navigazione con tutto ciò che ne consegue per il turismo».

Butti, che si occupa di questo tema da diversi anni e negli ultimi giorni ha incontrato diversi amministratori locali delle province di Como, Lecco e Sondrio, ha preparato una risoluzione che impegna il governo a finanziare, aumentando le risorse al momento disponibili nel Pnrr, un Piano invasi.

Le ricadute

«Siamo di fronte ad una grave emergenza che rischia di trasformarsi in un dissesto idrogeologico che mette a rischio ogni ambito della vita umana, dalle attività agricole, a quelle industriali a quelle civili - dice il parlamentare - ho già chiesto al governo nazionale impegni specifici primo fra tutti l’ampliamento delle scarsissime risorse dedicate a tale problematica dal Pnrr: solo 400 milioni clamorosamente insufficienti. Ritengo che dobbiamo con coraggio affrontare questa gravissima crisi idrica e pianificare – nel più breve tempo possibile- la realizzazione di invasi che vuol dire creare alleanze tra chi l’acqua la utilizza e chi la consuma a vario titolo. Ecco perché è indispensabile che il tema venga ricompreso nelle proposte di legge nazionali e regionali relative al rinnovo delle concessioni idroelettriche delle grandi derivazioni, nel senso che dovranno convivere, nel futuro dei nostri territori, invasi e condotte. Sicuramente questa ripianificazione ben potrà essere agevolata e resa percorribile se contestualmente si optasse per una implementazione di nuove tecnologie che consentirebbero di realizzare invasi anche sotterranei e di programmare un riutilizzo dell’acqua per uso idroelettrico. Ci sono, infatti, invasi ad uso plurimo dell’acqua che può essere destinata, a seconda delle protezioni e dei trattamenti subiti, a uso irriguo, potabile, antincendio è così via».

L’impatto

Il quadro attuale sorprende per l’impatto sul paesaggio: «Personalmente mi sono recato a visitare alcuni impianti, soprattutto in Valtellina, perché ritengo che vedere con i propri occhi permetta sempre di avere concreta e diretta percezione della situazione reale. E purtroppo, mi sono reso conto di persona delle condizioni drammatiche dei nostri invasi alpini e prealpini. Sono rimasto estremamente sconcertato da quanto ho visto - continua il parlamentare comasco - La gente chiede, giustamente, di non perdere altro tempo. Da anni lavoriamo alla soluzione del gravissimo problema della dispersione idrica delle nostre infrastrutture. Eravamo ben oltre il 50% di media nazionale di dispersione e ora si viaggia al 40%. Per efficientare le reti idriche occorrono 5 miliardi di euro in 5 anni. L’intervento di messa in sicurezza della nostra rete non è più procrastinabile. È chiaro che abbiamo posto al governo anche un problema di consapevolezza diversa del problema da parte degli italiani, soprattutto più giovani. È indispensabile attivare una politica di sostegno alla realizzazione di cisterne di raccolta di acqua piovana da destinare a giardini e orti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA