Trent’anni fa all’alba la montagna si sgretolò, venerdì la Valle ricorda e prega

Valdisotto, domani sera santa messa al Memoriale. Sabato annullo postale e presentazione di un libro. Nessuno ha dimenticato le 28 vittime della frana.

Ricordi, preghiera e immagini, in questo fine settimana a Valdisotto, per commemorare i trent’anni della frana della Val Pola. Erano le 7.23 di martedì 28 luglio 1987 quando tutta l’Alta Valle si fermò definitivamente: quaranta milioni di metri cubi di materiale precipitarono a valle dal monte Zandila (da tutti meglio conosciuto come pizzo “Coppetto”) ad una ad una velocità di 400 km orari travolgendo e distruggendo completamente gli abitati di Sant’Antonio Morignone e Morignone e risalendo sul versante opposto per 350 metri. Proprio qui, ad Aquilone, il paese spazzato via in un attimo, fu pagato il tributo più alto di vittime. Complessivamente, i morti della frana furono ventotto ai quali va aggiunto un deceduto dell’alluvione dei giorni precedenti quell’immane catastrofe.

A trent’anni esatti, domani sera alle 20,15, si tornerà a pregare ad Aquilone davanti a quel “Memoriale”, dove sono impresse le fotografie delle vittime, la cui memoria il 18 luglio scorso è stata onorata anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Qui, dieci anni fa, tanti volontari di Valdisotto vollero erigere una chiesa, in ricordo del ventennale della frana, dove domani sera il parroco di Cepina don Bruno Rocca celebrerà la messa.

Sabato, alle 14, all’hotel Cepina, speciale annullo postale in ricordo del trentennale a cura di Rita Sosio - pittrice e “custode” della chiesa di san Bartolomeo scampata dalla frana della val Pola – e del presidente del circolo filatelico di Tirano Enzo Bere. Per l’occasione è stato realizzato un folder con cinque fotografie che ricordano i luoghi dell’evento. A seguire, alle 15, presentazione della pubblicazione “Dal piccolo ai grandi orizzonti. La storia di S. Antonio Morignone spigolata dai bollettini di Carlo Maria Bozzi”.

«A partire dal “Bollettino parrocchiale” n.1 (8 dicembre 1950) – si legge nella presentazione del volume - fino alla sua inattesa sospensione (n. 612, 1 settembre 2001) per la morte di don Carlo (28 novembre 2001), il “Prèt di lach” ha spigolato tra documenti di varia provenienza sulle origini di Sant’Antonio Morignone, intessendo le sue esili fila entro la trama di una storia assai più vasta dei territori limitrofi».

Dopo la frana don Carlo curò le pubblicazioni uscite per iniziativa del comitato per la rinascita di S. Antonio Morignone: “La tèra perdùda” (poesie di Remo Bracchi), “Sénza vécc an sé mìga paés” (cronaca de la Źèula), “La vìa de la šperànza” (poesie di Remo Bracchi), “Tutti at un animo. Verbali della Honorata Vicinanza di Morignone dal 1716 al 1808; Cronaca 1762-1787” di Giovanni Antonio Zamboni. Sono tanti i motivi che legano indissolubilmente il parroco alla storia degli abitati sommersi dalla frana. Per questo il libro non sono rappresenta uno scrigno prezioso di notizie storiche, artistiche, archeologiche ma “fotografa” minuziosamente un paese scomparso e la sua gente.

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