Teva Bulciago, la protesta dei dipendenti
Ma c’è chi plaude alla chiusura
Oltre cento persone senza lavoro se chiuderà lo stabilimento
Oggi, dalle 15, le bandiere delle sigle sindacali cominceranno a sventolare davanti allo stabilimento Sicor di Bulciago, lungo la Como-Bergamo: sotto gli occhi delle centinaia di automobilisti in transito, si rappresenterà il dramma dei 109 dipendenti ai quali, lo scorso martedì, è stata di punto in bianco annunciata la chiusura.
La decisione della multinazionale Teva, al cui gruppo Sicor appartiene, è legata a una «ottimizzazione globale»: a Bulciago, lo stabilimento – che compie proprio quest’anno mezzo secolo – è ritenuto troppo grande e con costi fissi eccessivi per i «volumi di produzione che – ha già avuto modo di ricordare il direttore delle Risorse umane, Rossana Cantù - si sono andati riducendo costantemente, negli ultimi almeno cinque anni».
Non tutti però hanno accolto la notizia con disappunto e preoccupazione. Tra questi l’ex consigliere Carlo Isella: «Apprendo con tristezza che chiude la storica “Chimica”: mi dispiace per i lavoratori e le loro famiglie, soprattutto in questo momento di crisi; però cessa finalmente un’azienda della quale, negli anni passati, molti bulciaghesi chiesero a gran voce la fine, in modo particolare una parte proprio degli amministratori attuali».
La tematica ambientale è sentita a Bulciago da decenni, tanto che – prima dell’arrivo di Sicor, negli anni ’90 – i sindaci arrivarono a manifestare sulla Como-Bergamo per quella che ritenevano una bomba ecologica.
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