Salvo Noè: «Noi e la città
Il potere leggero della gentilezza»

Lo psicoterapeuta alle Primavere di Como: «I luoghi felici,
famiglie comprese, sono dove si coopera»

Nell’era dell’odio telematico, di neologismi come hater, cyberbullo, in un momento in cui la piazza virtuale dei social per alcuni è assolutamente paragonabile a quella vera e per cui un like negato o un post di insulti possono generare danni psicologici notevoli, questo momento è ancora possibile essere gentili?

Ne ha parlato ieri sera in una Sala Bianca del Ridotto del Teatro Sociale come sempre gremita, Salvo Noè . Psicoterapeuta, mediatore familiare e scrittore, si è confrontato con il direttore de La Provincia Diego Minonzio e con Daniela Taiocchi , curatrice della rassegna. «La prima domanda che faccio in una conferenza - dice per ben incominciare - è come state?». Un atto di gentilezza: «Nella nostra vita il nostro primo atto di gentilezza è quello delle nostre madri, che abbiamo abitato prima di venire al mondo. In questo mondo siamo venuti ad abitare con tutto da imparare, perché c’era prima di noi». Quindi «il primo meccanismo dell’affetto, della fiducia è quello che instauriamo con i nostri genitori, poi con gli zii, con i nonni».

Il professor Noè lavora anche a stretto contatto con il Papa e ha ricordato come il Santo Padre sia particolarmente vicino a questi ultimi, «di cui ci stiamo un po’ dimenticando, mentre quando raccontano il passato, la storia, sono importantissimi». E questo si riflette poi nella comunità, nella città, perché «noi abitiamo la città come abitiamo la nostra vita». Perché si vede subito se è accogliente e curata: «Le città hanno aspetti materni e paterni. Tutta ciò che è accoglienza e bellezza è materno: le aiuole, la cura del verde, dell’ambiente. Invece tutto quello che norma, che definisce come si vive nella città è paterno». E un’amministrazione che non cura la città è un po’ come una famiglia che si sta separando.

«Nella comunità - ha ricordato Minonzio - incontriamo persone che stanno combattendo battaglie di cui non sappiamo nulla». «Infatti - risponde il professor Noè - bisogna rispettare gli altri, soprattutto nel dare giudizi, che possono essere tossici, perché magari sono dati superficialmente, ma possono ferire tantissimo. Pensate al caso di Mia Martini, calunniata fino all’estremo». «Giudichiamo perché abbiamo bisogno di vedere attraverso gli altri noi stessi - dice - E spesso vediamo negli altri le cose che non ci piacciono di noi. Ma bisogna pensare prima di giudicare e ricordarsi che il giudizio è “tossico” quando si concentra sulla persona, la denigra». «Essere gentili - prosegue - è un modo di essere sano ed equilibrato molto funzionale nei rapporti interpersonali, è un atteggiamento profondo che comprende generosità, umiltà e disponibilità, nasce da una reale disposizione interiore che si traduce però in fatti concreti».

«Nessun atto di gentilezza per piccolo che sia è mai sprecato, scriveva Esopo». «I luoghi felici, come le famiglie felici, sono quelli che cooperano, solo così si può ottenere la felicità».

Secondo Khalil Gibran «tenerezza e gentilezza non sono sintomo di disperazione e debolezza, ma espressione di forza e di determinazione». «Oggi sembra il contrario, no? Se non si reagisce sempre, se non si cerca di superare l’altro sembra di essere sbagliati. Anche a parole: spesso ascoltiamo per rispondere e non per comprendere, interrompiamo l’altro per affermare quello che vogliamo dire senza nemmeno capire cosa ha detto». Sono molti gli esempi di questa mancanza di gentilezza generalizzata.

Dopo anni di ricerche e studi compiuti nel settore della comunicazione umana, il professor Noè ha ideato un nuovo metodo di formazione dal nome “Re-Action”. Questo metodo integra in maniera innovativa varie correnti teoriche psicologiche (neuroscienze, psicanalisi, gestalt, pnei, sistemico relazionale, strategica, cognitivo-comportamentale, analisi transazionale, programmazione neuro-linguistica, bioenergetica e saggistica orientale), dando una veste nuova al concetto di formazione soprattutto dal punto di vista esperienziale: «Linguaggio d’odio, cyberbullismo, parole usate come proiettili: quanti drammi si sono consumati proprio a causa di giudizi distruttivi che hanno poi generato malesseri e violenze? Tempo sprecato; un tempo che potremmo invece utilizzare per migliorare la nostra vita».

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