«Sabrina è stata uccisa due volte»

Ardenno L’avvocato: «Con il tentato suicidio del 2020 chiedeva aiuto, ma l’hanno fatta passare per cattiva madre»

«Sabrina è stata uccisa due volte: la prima volta quando una notizia nella sostanza falsa fu data in pasto ai media, facendola passare per una cattiva madre, una donna che non amava i suoi figli e che addirittura avrebbe voluto far loro del male; la seconda quando non è stata ascoltata, non è stata creduta e nessuno ha fatto niente per mettere fine agli abusi che subiva».

Sono decise e fanno male al cuore le parole dell’avvocato Valentina Baruffi, che nei giorni scorsi ha denunciato quello che è recentemente accaduto alla sua assistita e amica Sabrina. La donna residente ad Ardenno è stata trovata morta nella sua cantina, quasi certamente si è tolta la vita (a stabilirlo sarà l’autopsia, in programma questa mattina) dopo un calvario di un anno e mezzo.

Il 31 ottobre del 2020, infatti, tentò il suicidio con il gas, nell’abitazione c’erano anche i due figlioletti; un gesto disperato ma anche un grido d’allarme, il tentativo di attirare l’attenzione sulle violenze e gli abusi che subiva da tempo, il suo aguzzino era il suo compagno convivente.

Di questi fatti ora si sta occupando personalmente il procuratore di Sondrio insediatosi pochi mesi fa, Piero Basilone, con la collega Elvira Antonelli del pool costituito anni fa per occuparsi innanzitutto dei reati contro le donne. E in Procura pare sia aperto anche un fascicolo per istigazione al suicidio.

«Tutti i vicini sapevano che quell’uomo, ora libero e tranquillo, la picchiava dalla mattina alla sera, e non solo - racconta l’avvocato Baruffi -. Eppure non le hanno creduto, le nostre richieste, reiterate più e più volte, di applicare una misura al suo aguzzino non sono mai state accolte. L’hanno fatta passare per matta, ma chi la conosceva sa che non lo era. Non avrebbe mai fatto male ai suoi figli, li adorava e loro adoravano lei».

Quel brutto episodio dell’autunno del 2020, prosegue, «era solo un modo per attirare l’attenzione, lo dicono gli atti, non lo dico io. I piccoli non sono mai stati in pericolo. È stato un gesto stupido, ma era un grido d’allarme e le violenze che lei subiva sono emerse sin da subito. Eppure non è stato fatto niente, e il risultato è che Sabrina è morta, si è tolta la vita. Purtroppo non posso riportarla in vita, ma posso tentare in tutti i modi di avere giustizia per lei».

E aggiunge: «La mia decisone di rendere pubblica la triste storia della mia assistita non è finalizzata a creare un circo mediatico o un polverone, ma unicamente a svolgere il mio lavoro con onestà e coscienza al fine di tutelare, da amica, un’assistita - conclude il legale sondriese -. Perché quello che è successo a lei non deve mai più accadere, perché la morte di questa giovane donna, amica prima che assistita, non venga dimenticata. Quel gesto goffo del 31 ottobre 2020 è stato una richiesta di aiuto e come tale doveva essere trattata. Non ho mai capito perché quel grido d’allarme, esattamente come tutte le richieste che si sono susseguite nel tempo e da lei personalmente indirizzate alle istituzioni, non siano state raccolte. Forse per astio, prese di posizione, acredine, ripicche. Non so darmi una risposta. Quel che è certo è che aveva tanta voglia di vivere e di vedere i suoi figli, unica sua ragione di vita, crescere».

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