Rimborsopoli, il reato ci fu ma ormai è prescritto. Annullate le condanne ai politici comaschi

Colpo di spugna La Corte di Cassazione cambia il reato per molti degli ex consiglieri regionali e scatta così la prescrizione. I fatti risalgono a più di 10 anni fa

La corte di Cassazione ha annullato, in gran parte definitivamente, le condanne per la cosiddetta “rimborsopoli” in Regione Lombardia. E dunque niente condanna per i tre ex consiglieri regionali comaschi coinvolti, vale a dire Gianluca Rinaldin, all’epoca eletto tra le fila di Forza Italia, Luca Gaffuri (Pd), e Giorgio Pozzi, lui pure Forza Italia. Il leghista Dario Bianchi, a differenza dei colleghi, scelse invece di non impugnare la sentenza di primo grado che a suo tempo lo vide condannato alla pena di un anno e mezzo.

La Cassazione in parte ha modificato il reato contestato e ne ha dichiarato la prescrizione, in parte ha annullato senza rinvio per avvenuta prescrizione del reato originario, in parte ha annullato con rinvio per carenza di motivazione.

In Appello a Milano, nel luglio dello scorso anno, i giudici avevano confermato la condanna a un anno e sei mesi per Giorgio Pozzi; Gaffuri si era visto scontare un mese, da un anno e sei a un anno e cinque, mentre era stato assolto in relazione a cinque episodi risalenti al biennio 2011/2012 ritenendo che il fatto non sussista e aveva dichiarato il non doversi procedere per gli episodi del 2008 per intervenuta prescrizione. Gianluca Rinaldin si era visto depennare le contestazioni passate in prescrizione, anche in questo caso risalenti al 2008, e si e visto rideterminare la pena in due anni, sei mesi e 20 giorni di detenzione (in primo grado erano stati due anni e nove mesi).

Tutti e tre gli ex consiglieri regionali comaschi sono stati ritenuti responsabili non già di peculato, come da condanna nel merito, bensì del meno grave reato (dal punto di vista della pena) di indebita percezione di erogazioni pubbliche (chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni).

La Corte di Cassazione ha emesso solo tre condanne definitive, sulle circa quaranta dell’appello: quelle per Corrado Paroli, Giosuè Frosio e Elisabetta Fatuzzo.

Dall’inchiesta milanese erano emerse, per gli anni 2008-2012, spese di tutti i tipi da parte dei consiglieri lombardi rimborsate con fondi pubblici: l’acquisto di regali, cartucce da caccia o ’gratta e vincì, oppure cene da centinaia di euro per pochi coperti, per tavolate fino a 26 persone e pure un banchetto di nozze. E poi Campari, moijto e altri drink o pranzi in locali di lusso, sigarette, spazzolini, Red Bull e videogiochi. Dagli ultimi fatti contestati, però, sono ormai passati dieci anni. Durante i quali la giustizia non è stata in grado di rispettare tempi decenti di valutazione dei fatti. Da qui l’inevitabile prescrizione.

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