Quando banditi e terroristi
avevano il covo a Magreglio

Le storieDal capo della temibile banda dell’Aprilia Nera alla brigatista rossa

Un luogo perfetto per nascondersi: vicino a Milano, ma con ampie vie di fuga

C’era Ezio Barbieri alla guida dell’auto che, nell’estate del 1945, saltava ripetutamente la cunetta di Magreglio: un complice era appostato poco sotto, dove ora c’è il parcheggio dell’edicola, e al volo saliva sul predellino della vettura agganciandosi al maniglione della portiera.

I magregliesi guardavano increduli quello strano gioco senza capire. Solo qualche mese dopo, il 26 febbraio del 1946, alla cattura della banda della Aprilia Nera si resero conto che il gruppo di ragazzi con i rotoli di carta moneta che avevano passato l’estate in paese erano dei malviventi e il gioco altro non era che l’allenamento per le rapine e le fughe.

Magreglio e la Vallassina sono da tempo un luogo dove nascondersi. Lo furono per il gruppo di Prima Linea che soggiornò nel paese del Ghisallo, e poi per il gruppo delle Brigate Rosse. In paese si nascose Barbara Balzerani, dirigente delle BR di Roma che prese parte alla Strage di via Fani. Arrivarono qui anche due strani personaggi legati all’Iraq di Saddam Hussein.

Ultimo episodio, molto più recente, la presenza di Lofti Rihani a Barni: il tunisino, dopo aver abitato qualche anno in paese, scelse di morire da kamikaze a Baghdad nel 2003.

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