Pian di Spagna, l’invasione dei cervi
«Stanno distruggendo l’agricoltura»

Ci sono oltre 200 capi nella Riserva: «E gli enti pubblici si scaricano le competenze». C’è anche grande preoccupazione per le malattie che possono essere trasmesse al bestiame.

Sono esasperati gli agricoltori del Pian di Spagna. I cervi stanziali in area di riserva sono ormai più di 200 e la crescita a dismisura del branco e direttamente proporzionale ai problemi creati. «Problemi che, in ultima analisi, non interessano ad alcuno – sottolineano, a nome della categoria, Veronica Scaramella, Maddalena Pedrini, Tiziano Peverelli, Iride Sciaini, Paola Triaca e Giuliano Copes – Ci sentiamo abbandonati. I cervi invadono le proprietà, mangiano l’erba e distruggono le semine. Siamo preoccupati anche per le malattie che possono essere trasmesse al bestiame».

«L’ente Provincia si limita e posare la recinzione elettrificata lungo il rettilineo di ex Valeriana fra Ponte del Passo e Nuova Olonio per limitare gli incidenti, che rappresentano un altro serio problema, e quest’anno l’ha lasciata ben oltre il 15 aprile, termine che era stato concordato con noi per consentire poi l’accesso ai fondi con l’inizio dell’attività stagionale. Per il resto, ogni ente a cui ci rivolgiamo scarica le competenze su un altro e va a finire che ci troviamo a chiudere il cerchio senza aver ottenuto alcun riscontro».

Come riportato in un articolo scritto su Ruralpini dal professor Michele Corti, docente di zootecnia all’università di Milano, «in un’area protetta che è in gran parte ad uso agricolo, nel giro degli ultimi dieci anni le aziende sono calate da 50 aziende a 5, ma vi sono ancora parecchi coltivatori con piccole estensioni di terreno senza animali. La riserva del Pian di Spagna, inoltre, è finalizzata alla salvaguardia dell’avifauna migratoria e la protezione dei cervi non solo non ha nulla a che fare con tale finalità, ma addirittura in contrasto con essa».

«La Riserva fornisce in comodato d’uso gratuito il materiale per l’elettrificazione dei confini delle coltivazioni – spiegano ancora gli agricoltori della zona – ma per stendere le recinzioni occorrono ore e ore di lavoro, ogni quindici giorni occorre tagliare l’erba per evitare che il filo più basso, a contatto con l’acqua di rugiada, scarichi la batteria, senza contare le difficoltà di manovra con i mezzi agricoli per accedere alla proprietà».

«Abbiamo notato anche un tasso anomalo di aborti delle bestie, che ci preoccupa non poco - spiegano infine gli agricoltori, continuando a mostrare una notevole preoccupazione - I cervi possono essere portatori di neospora e tbc e non ci risulta che siano stati effettuati, finora, controlli sanitari sulla selvaggina. Animalisti e ambientalisti, soprattutto per quanto riguarda la riserva, riescono a fare la voce grossa, mentre chi porta avanti una tradizione agricola ben più antica della costituzione della riserva stessa, viene sempre più inascoltato. Tra noi ci sono anche alcuni giovani, ma invece di essere incentivati, incontrano solo ostacoli e penalizzazioni».

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