Moni Ovadia al Sociale
per le Primavere di Como

Grande attesa sabato per l’attore e drammaturgo

Verso il tutto esaurito al Sociale per la tappa delle Primavere con Moni Ovadia e non poteva essere diversamente.

L’attore e drammaturgo raccoglie il testimone di Silvano Petrosino e continua ad interrogarsi sull’Occidente, sulle sue categorie e derive, sulla sua identità. Una riflessione complessa e che è destinata a non concludersi. Imperdibile. la serata di sabato (l’appuntamento è al solito alle 20.45).

Moni Ovadia, cittadino d’Europa, è nato a Plovdiv in Bulgaria da una famiglia ebraico-sefardita, presto trasferitasi a Milano. Dopo la laurea in scienze politiche ha dato avvio alla sua carriera d’artista come ricercatore, cantante e interprete di musica etnica e popolare di vari paesi. Nel 1984 si avvicina al teatro, prima in collaborazione con artisti della scena internazionale, come Bolek Polivka, Tadeusz Kantor, Franco Parenti, e poi, via via proponendo se stesso come ideatore, regista, attore e capocomico di un “teatro musicale” peculiare, in cui le precedenti esperienze si innestano alla sua vena di straordinario intrattenitore, oratore e umorista. Filo conduttore dei suoi spettacoli e della sua vastissima produzione discografica e libraria è la tradizione composita e sfaccettata, il “vagabondaggio culturale e reale” proprio del popolo ebraico, di cui egli si sente figlio e rappresentante, quell’immersione continua in lingue e suoni diversi ereditati da una cultura che le dittature e le ideologie totalitarie del Novecento avrebbero voluto cancellare, e di cui si fa memoria per il futuro.

Moni Ovadia ci racconterà l’Occidente dal suo particolarissimo punto di vista e diventa ineludibile il confronto con le culture che in Occidente si intersecano e mescolano per diventarne anima profonda.

Affronterà le “Declinazioni di una società multiculturale” di fronte al pubblico affezionato e numerosissimo delle Primavere. È un percorso che attraversa una sequela di domande: che cosa si intende per società multiculturale? La compresenza di culture diverse all’interno di una società è il guscio di un magma indistinto destinato a non amalgamarsi mai veramente o sono tanti – grandi o piccoli poco importa – fili di una trama che si intreccia e ridefinisce di continuo? Come è possibile coniugare gli interessi di pochi, che magari però sono nelle condizioni di decidere il destino di un intero pianeta, con quelli di chi vive e sconta sulla propria pelle queste decisioni? Qual è lo spirito ma anche le azioni pratiche con cui si può affrontare uno scenario così complesso e sfaccettato?

Si tratta di mettere a fuoco un obiettivo: convergere verso una società che sia autenticamente multiculturale, ma come? Attraverso la creazione di una base comune di uguaglianza che garantisca ad ognuno la possibilità di esprimersi secondo le proprie capacità, le proprie possibilità ed i propri desideri. Per Moni Ovadia, per la sua storia, per le culture di cui è portatore, il paradigma è che la diversità è la base su cui si costruisce la vera uguaglianza. Diversità intesa come capacità di riconoscere l’altro che è il noi e riconoscere il noi che è nell’altro. Non quindi una distinzione tra un “noi” e un “loro”, ma un cammino continuo di studio e confronto, un vero e proprio viaggio, inteso come strumento di conoscenza e non come superficiale attività turistica.

È un fatto storico che la base di ogni popolo sia la multiculturalità. I brani di tango che introdurranno la serata lo dimostrano, frutto dell’estro italiano in terra argentina. «D’altronde – dice Ovadia rifacendosi a Virgilio - non esisterebbe l’Italia se un certo Enea, proveniente dall’Asia Minore, non avesse deciso di stabilirsi in queste terre…»

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