L’omicidio in casa di riposo
Processo al via, sentenza a luglio

La difesa della pensionata: «Gli elementi dell’accusa non sono concludenti»

Non agì con crudeltà Antonietta Pellegrini quando, nel settembre scorso, avrebbe ucciso soffocandola con dei guanti in lattice Dolores De Bernardi, la novantunenne ospite del don Guanella trovata morta soffocata nel suo letto della casa di riposo. A dirlo è stata la stessa accusa che ha chiesto (e ottenuto) di modificare il capo d’imputazione cancellando l’aggravante della crudeltà a carico dell’imputata.

Si è aperto ieri, ed è durato giusto il tempo del giuramento dei giudici popolari, della richiesta di prove di Procura e difesa e dell’incarico per trascrivere le intercettazioni ambientali e telefoniche, il processo in Corte d’Assise a carico della pensionata ai domiciliari dello scorso autunno, da quando cioè i detective della squadra mobile della polizia e il pubblico ministero Simona De Salvo l’hanno accusata dell’omicidio volontario di Dolores De Bernardi e della calunnia ai danni della compagna di stanza della vittima.

La vicenda, in sintesi: domenica 24 settembre al primo piano della casa di riposo don Guanella le infermiere e gli operatori socio sanitari trovano la signora De Bernardi morta, nel suo letto. L’intervento del medico permette di scoprire subito che la causa della morte è tutto fuorché naturale: in gola, infatti, la donna aveva dei guanti in lattice. Conficcati volontariamente da qualcuno.

Guanti in lattice che iniziano a spuntare quasi per miracolo, nei giorni successivi d’inchiesta, nella borsa, nel letto, nel divano e nei luoghi frequentati dalla vicina di letto della vittima. La polizia, però, scopre che non sarebbe l’anziana la reale “proprietaria” dell’arma del delitto, quanto piuttosto la moglie di un altro paziente, la signora Pellegrini appunto, che vive da anni ormai in una stanza della foresteria all’ultimo piano del don Guanella, guarda caso proprio sopra la stanza dove si è consumato l’omicidio. Le intercettazioni ambientali e una parziale ammissione davanti al magistrato convincono la Procura a chiedere e ottenere gli arresti domiciliari - data l’età niente carcere - per la donna.

Ieri mattina, al termine della prima udienza davanti alla Corte d’Assise che dovrà giudicare Antonietta Pellegrini non solo per l’omicidio ma anche per aver tentato di far ricadere le accuse sulla compagna di stanza di Dolores De Bernardi (a proposito: né i parenti della vittima, né la donna che sarebbe stata calunniata si sono costituiti parte civile contro l’imputata), i difensori della donna, gli avvocati Fabrizio Lepore e Michele Monti, hanno spiegato il motivo per cui è stato scelto di difendersi a processo e non in udienza preliminare: «Non ci convince la ricostruzione del delitto fatta dall’accusa. Inoltre gli elementi forniti dalla perizia» sui guanti in lattice «non sono concludenti, così come sostiene la Procura». Il processo, per consentire la trascrizione delle intercettazioni, è stato aggiornato a metà giugno, quando sfileranno in aula i primi testimoni. La sentenza, forse, già a luglio.

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