Lecco. In calo il ricorso alla cassa
Bene soprattutto la meccanica

L’indagine della Uil mostra un miglioramento degli indicatori in quasi tutti i comparti

LECCO

Continua il calo del ricorso alla cassa integrazione da parte delle aziende lariane: gennaio ha aperto il nuovo anno con un trend di costante riduzione sia sul piano tendenziale che congiunturale.

A evidenziarlo è la Uil del Lario, che ha diffuso il primo rapporto del 2022 confrontando i dati sia con il gennaio dello scorso anno che con il dicembre 2021. Il raffronto tendenziale mostra la diminuzione delle ore di cassa integrazione nelle due province di Como e Lecco. Sulla sponda comasca il calo è stato più marcato rispetto a quello rilevato nel Lecchese: -72,2% contro -60,7% (rispettivamente 549.702 e 328.549 ore), entrambi risultati comunque più consistenti di quelli regionale (-57,4%) e nazionale (-52,8%).

Anche il confronto congiunturale, tra le ore di cassa integrazione di gennaio 2022 con dicembre 2021, fa emergere una contrazione della richiesta di cassa nei due territori, anche in questo caso con Lecco (-39,1%) su livelli più bassi rispetto a Como (-66,5%).

Sul piano tendenziale, i progressi fatti dalle aziende dei distretti principali delle due province si evidenziano soprattutto nella meccanica lecchese, dove il ricorso agli ammortizzatori sociali si è quasi azzerato (-94,1%), a fronte comunque di un ottimo miglioramento registrato dal settore in terra comasca (-83,3%). Contrastato, invece, il trend lariano relativo al tessile, con Como che migliora (-49,5%) e Lecco che peggiora (+126,9%).

Anche analizzando i settori produttivi la fotografia risulta positiva, anche se nel Lecchese la variazione è in aumento nell’edilizia (+5,6%) e nulla nell’artigianato, a fronte di riduzioni nell’industria (-57,4%) e nel commercio (-85,5%).

Tutti in diminuzione invece i dati comaschi: industria -61,4%; edilizia -50,6%; artigianato -100%; commercio -93,2%.

Il segretario generale della Uil del Lario, Salvatore Monteduro, invita però alla prudenza nel leggere i numeri. «La flessione della richiesta di ore di cassa integrazione Covid è dovuta alla scadenza, a dicembre 2021, dell’ammortizzatore con causale “emergenza sanitaria”. Inoltre, non abbiamo i dati relativi alle prestazioni dei fondi di solidarietà bilaterali e del fondo d’integrazione salariale, pertanto diventa difficile affermare che la riduzione corrisponda ad un’effettiva ripresa economica strutturata. Riteniamo, invece, di essere ancora in un quadro di persistente sofferenza di interi settori e filiere, e con essi dei lavoratori che vi operano. Questo, anche in considerazione della pesante ricaduta legata all’incremento del costo dell’energia per le aziende, nonché al perdurare della situazione dell’emergenza sanitaria. Sarebbe stato più opportuno prevedere una fase transitoria tra il vecchio ed il nuovo sistema di ammortizzatori sociali, prolungando la cassa integrazione Covid fino allo scadere dell’emergenza (31 marzo), dando un lasso di tempo congruo alla nuova riforma per entrare a regime».

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