«La nostra Europa
verso la disgregazione»

Teatro Sociale affollatissimo per il saggista Lucio Caracciolo alle Primavere di Como

Ritmo e voci, il duo chitarra e percussioni di Sara Magon e Clara Zucchetti ha inondato di energia il Teatro Sociale, tutto esaurito ieri sera per Lucio Caracciolo, giornalista e saggista, direttore di Limes, rivista di geopolitica, alle Primavere di Como con la conferenza “L’Italia dopo l’Europa. Le radici geopolitiche della nostra crisi”.

«Italia e Europa una volta formavano una coppia felice – è l’esordio di Lucio Caracciolo -. Forse siamo stati filoeuropei così a lungo perché pensavamo che fosse quello un luogo dove le cose funzionavano molto bene. L’italiano ora ha scoperto che forse non è più il caso che qualcuno da un Olimpo in qualche posto in Europa ci dica cosa sia giusto fare, ma piuttosto che si sia noi e i nostri politici a ragionare su cosa sia meglio fare».

Per comprendere la portata del cambiamento che, come europei, stiamo attraversando serve uno sguardo più ampio, una visione del mondo che divide il mondo in macro aree: la parte nord di questo pianeta e quella che Caracciolo chiama Caoslandia, che va dal nostro Est più prossimo all’Africa, luoghi dove si concentra quell’insieme di crisi e conflitti che Papa Francesco ha chiamato terza guerra mondiale, forse un termine forte, ma il rischio che quella instabilità si estenda è concreto.

«Perché Caoslandia? Perché ci sono fenomeni fondamentali che accadono nel sud del mondo che ora osserviamo anche in Europa. Fenomeni che ci riguardano perché l’Italia è vicina a quest’area estremamente instabile, a sud e a est. Il confine ucraino, per avere un’idea, è più vicino a Trieste di quanto Trieste non sia vicino a Napoli». Di fatto, siamo stati presi di sorpresa, l’instabilità del mondo ha cominciato a crescere vertiginosamente e ciò che accade al di là del Canale di Sicilia e dei Balcani inciderà sempre più sull’Europa e l’Italia, anche per una questione di equilibri demografici. L’Europa è un piccolo continente, per i russi una penisola dell’Asia. Soprattutto gli europei sono pochi, 700 milioni, un decimo dell’umanità, e vecchi. L’età mediana in Europa è di 46 anni. In Africa è intorno a vent’anni e gli africani sono un miliardo e 200 milioni e prossimi al raddoppio della popolazione, mentre l’Europa decresce. Alla fine di questo secolo gli europei saranno, salvo prossime migrazioni, 600 milioni. Vecchi, conservatori e quindi spaventati.

La demografia spiega molto, ma non tutto. Altri fattori sono fondamentali per comprendere l’evoluzione in atto: uno geopoliticamente decisivo è il fatto che a sud del Canale di Sicilia si stanno sbriciolando gli stati. «In gran parte dell’Africa, a partire dalla Libia, facciamo fatica ad trovare uno stato. Forse il Sud Africa, che ha una frontiera fortificata, come si stanno fortificando certe frontiere in Europa».

Sono diversi i fattori che contribuiscono alla disgregazione degli Stati. Caoslandia è contenuta tra i due tropici. Il cambiamento climatico incide sulle migrazioni di tipo ambientale, luoghi abitati e coltivati sono diventati inabitabili.

«Per capire come tutto questo incida sulla Unione europea dobbiamo renderci conto che stanno accadendo fatti che sono destinati a cambiare il corso della storia. Questi fatti sono le quattro crisi contemporanee che hanno colpito l’Europa negli ultimi 4 anni: la crisi economica, la guerra in Ucraina, la crisi migratoria e quella terroristica. Alle quali si aggiungerà forse, dopo referendum britannico di giugno, la crisi di questa unione di 28 Paesi. Forse dall’idea di un’Unione europea sempre più integrata si comincerà a pensare se l’Europa convenga davvero, lo penseranno anche altri Paesi, anche l’Italia

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