Il successo del modello Milano
Attrattivo, ma anche “tirannico”

Alberto Bortolotti a Le Primavere di Como

Parola chiave “desincronizzazione” per l’incontro di ieri pomeriggio proposto dal festival Le Primavere, nella Sala Bianca del Ridotto del Teatro Sociale con Alberto Bortolotti . Vicepresidente dell’Ordine degli Architetti di Milano, ricercatore nel campo delle politiche urbane del dipartimento di architettura e studi urbani del Politecnico ha ragionato con il caporedattore de La Provincia Vittorio Colombo e con il collega Mauro Brolis , giornalista di eco.bergamo proprio rispetto alla desincronizzazione delle città, partendo dal cosiddetto “Modello Milano”. «È l’unica città italiana che è riuscita a codificare uno sviluppo di sé dentro i processi di interdipendenza economica globale, parallelamente alla crisi delle istituzioni nazionali ed europee - spiega - Il Cresme stima che ci siano 4,2 milioni di persone afferenti al suo sistema urbano, quindi ha una capacità attrattiva molto forte. Attira anche dal Piemonte, dalla Liguria e dall’Emilia Romagna, quindi anche oltre il suo ruolo di capoluogo lombardo. È considerata a pari importanza con Parigi, Londra, Amburgo e Monaco, è una città che può concorrere, assieme a Roma, al ruolo di “global node”». Ma esiste un “modello Milano”?. «È stato il sindaco Giuseppe Sala a lanciarlo - risponde - ma non credo che sia replicabile. Ma questa narrazione è molto forte e contribuisce a creare sviluppo urbano di successo». Non senza aspetti critici e negativi: «Una città come Milano detta legge nei territori provinciali, generando una condizione “tirannica” della città nei confronti della provincia. In questo scenario il ruolo politico dei sindaci delle città globali si è fortemente consolidato. Sicché, nella globalizzazione le grandi sfide di sviluppo urbano si giocano sulla capacità dei governi di esercitare state-craft facendo leva sulle città, utilizzando un potere di tipo relazionale-strategico”.

Come si è trasformata Milano? «Questa trasformazione si è sviluppata in un periodo storico ben preciso che è quello che coincide con la nascita del sistema euro, con la finanziarizzazione delle banche nazionali e la concentrazione dei relativi spin-off Milano (Eni, Enel, Ras, San Paolo, ecc), operazioni inedite che collocano la città nella mappa degli investitori nazionali». Così si moltiplicano le zone della città dove si stanno attuando cambiamenti. E Bortolotti azzarda anche un parallelo con Singapore e con altre grandi città in via di mutazione, «sebbene vi siano caratteristiche molto diverse che le contraddistinguono. Milano sta subendo interventi molto più grandi di altre realtà internazionali». E arriviamo alla desincronizzazione, accelerata dalla pandemia e dal lockdown che ha visto Milano attrezzarsi in modi che non sembravano possibili per la città che ha il mito della frenesia, della velocità e del lavoro costante. «È cambiata la mobilità - considera Bortolotti - al punto che adesso si sta ragionando di pedonalizzare parte di un’arteria importante come corso Buenos Aires. Importante in questo senso è anche la “decarbonizzazione”, la riduzione delle automobili». Altro tema è quello dell’“urbanistica tattica” che consiste nell’adozione di interventi localizzati, realizzati con mezzi leggeri e un ridotto processo burocratico, ma di forte impatto visivo, con lo scopo di innescare un miglioramento della vivibilità urbana partendo dalla partecipazione dei cittadini . Peraltro «Milano ha inintenzionalmente riavviato la propria corsa alla dimensione internazionale, con notevoli criticità legate alle disuguaglianze salariali, all’accesso alla casa, al decentramento amministrativo».

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