Il ministro: «Ci sono i soldi
per le quarantene non pagate»

Il titolare del Lavoro, Andrea Orlando: «Favorevoli a riconsiderarle come malattia. Tempi maturi per usare risorse impegnate altrove, ne parleremo al prossimo Consiglio dei ministri»

Il ministro Andrea Orlando dopo il rischio stop alle indennità annunciato dall’Inps: «Favorevoli a riconsiderarle come malattia. Tempi maturi per usare risorse impegnate altrove, ne parleremo al prossimo Consiglio dei ministri».

La svolta, dopo le preoccupazioni e le polemiche, è attesa a breve. Il governo equiparerà nuovamente l’assenza dal lavoro per quarantena – o meglio per «isolamento fiduciario», l’obbligo di rimanere a casa imposto a chi è identificato come contatto stretto di una persona positiva al virus – alla malattia, rifinanziando per tutto il 2021 quel fondo che poi l’Inps deve girare alle aziende che hanno già anticipato i soldi in busta paga ai propri dipendenti. Un problema solo apparentemente formale, ma concretissimo per parecchie persone: incrociando alcuni dati epidemiologici, sarebbero circa 20 mila in Bergamasca i lavoratori che dall’inizio del 2021 sono finiti in isolamento fiduciario, e che (salvo smart working) sono così dovuti rimanere a casa mediamente per 10 giorni.

Andrea Orlando, ministro del Lavoro ed esponente di punta del Partito democratico, è intervenuto sul tema durante un dibattito alla Festa dell’Unità di Modena: «Avevamo segnalato la questione nell’ultimo scostamento di bilancio, purtroppo non si sono trovate tutte le risorse necessarie. Credo che nel frattempo siano maturate le condizioni perché alcune risorse impegnate in altre direzioni possano essere utilizzate in questo senso – le parole del ministro -. Credo che ci possa essere una risposta se tutto il governo sarà d’accordo abbiamo una valutazione assolutamente favorevole a consentire che la quarantena sia considerata una malattia e che non gravi sui lavoratori e sulle imprese. Ne parleremo al prossimo Consiglio dei ministri. Penso che possiamo affrontarla e risolverla». L’ultimo Consiglio dei ministri si è tenuto il 26 agosto, il prossimo dovrebbe svolgersi giovedì 2 settembre.

I timori erano insorti dopo una nota inviata dall’Inps il 6 agosto: «Il legislatore attualmente non ha previsto, per l’anno 2021, appositi stanziamenti volti alla tutela della quarantena. Pertanto, salvo eventuali interventi normativi, l’Istituto non potrà procedere a riconoscere la tutela previdenziale per gli eventi riferiti all’anno in corso». Quegli «interventi normativi» paiono ora dietro l’angolo, anche perché nel frattempo rischiava di aprirsi una voragine normativa piuttosto pesante: se le aziende hanno già anticipato in busta paga ai lavoratori quei soldi in teoria attesi dall’Inps (che aveva invece finanziato la quarantena senza problemi nel 2020), ci avrebbero rimesso le aziende? O i lavoratori avrebbero dovuto restituire quanto già ricevuto?

In gioco, per ciascun dipendente incappato nell’isolamento fiduciario (provvedimento emesso dall’Ats, l’autorità sanitaria e non eludibile, altrimenti si incorre in una sanzione amministrativa fino a 400 euro), c’è mediamente un importo di alcune centinaia di euro: circa un terzo di uno stipendio mensile, considerando che sino ad agosto la quarantena era di 10 giorni per tutti, mentre ora è scesa a 7 giorni per chi ha già completato il ciclo vaccinale. Il rifinanziamento dovrebbe anche tutelare quei lavoratori che in quarantena ci finiranno prossimamente; a seconda della fase epidemiologica, in Bergamasca si parla di una platea di un paio di centinaia di persone (nei periodi di «piatto» del virus) o di mille-duemila (nei picchi dei contagi) ogni settimana.

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