Gli uomini d’oro dell’A9
«Incastrati per vendetta»

Negano gli arrestati per la rapina di Turate. Agresti avrebbe preteso di lavorare solo con professionisti pugliesi. Sotto torchio le persone accusate di aver fornito supporto logistico

Mentre veniva portato via in manette dai poliziotti di Como e dello Sco, il servizio centrale operativo, uno dei due uomini accusati di aver ideato la rapina da dieci milioni in lingotti d’oro sull’A9 si sarebbe lasciato scappare una battuta tra l’ironico e il beffardo: tanto, tra pochi mesi, torno a casa.

Sono convinti evidentemente di poter dimostrare che loro, con l’assalto ai furgoni della Battistolli, non c’entrano nulla. Ai giudici che ieri li hanno interrogati in carcere, Antonio Agresti, 43 anni di Andria, e Giuseppe Dinardi, 50 anni di Pioltello con origini pugliesi, hanno protestato la loro innocenza.

«Non siamo noi le persone che cercate», hanno sostanzialmente detto entrambi durante l’interrogatorio di garanzia, rinunciando alla facoltà di non rispondere. In particolare Dinardi è anche entrato nel merito delle rivelazioni di Massimiliano Milano, 39 anni, arrestato mesi fa perché trovato in possesso di un fucile e di due pistole. Milano aveva confessato di aver collaborato proprio con Dinardi facendogli da autista e, di fatto, puntando il dito su un suo coinvolgimento nel clamoroso assalto dello scorso 8 aprile.

Al giudice il presunto capo banda che avrebbe curato la logistica del colpo -- ha detto di conoscere chi lo accusa, ma ha anche aggiunto di essere stato incastrato per vendetta. I due, a suo dire, avrebbero litigato. E sarebbe stato il rancore per quel litigio a spingere Milano a metterlo nei guai.

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