Erba: «Basta con “Villa Ceriani”
Chiamiamola Villa San Giuseppe»

Il sindaco Airoldi vuole riportare la sede del museo all’antica denominazione: «Fa parte della nostra storia». La piazza Vittorio Veneto “ribattezzata” del Mercato

«Basta Villa Ceriani, torniamo a parlare di Villa San Giuseppe». Il sindaco Veronica Airoldi è stanca di sentir chiamare l’edificio simbolo di Crevenna con un nome sconosciuto ai più: «Tutti conoscono Villa San Giuseppe, se chiedete dove si trova Villa Ceriani pochi sapranno rispondere». Il primo cittadino pensa di far chiarezza con una delibera, in ogni caso la confusione investe molti altri luoghi della città in cui la tradizione non va d’accordo con la toponomastica.

Nei giorni scorsi il primo cittadino ha inaugurato a Villa Ceriani il tradizionale presepe meccanico di Crevenna; la festa è stata l’occasione per presentare gli ultimi lavori di riqualificazione portati a termine all’interno dell’immobile.

Per Airoldi c’è solo una nota stonata, quella che campeggia a caratteri cubitali sulla porta d’ingresso dell’edificio: Villa Ceriani.

«Generazioni di erbesi sono cresciuti chiamando questo edificio Villa San Giuseppe - osserva il sindaco - e ancora oggi pochi saprebbero indicare la strada per Villa Ceriani. Io dico che dobbiamo tornare a chiamare l’edificio Villa San Giuseppe, anche nei documenti ufficiali. Come si può fare? Potrebbe bastare una delibera di giunta, cercheremo la modalità più corretta».

La confusione non è solo a Crevenna, gli erbesi scelgono spesso di ignorare la toponomastica a favore della tradizione. Tra gli esempi più eclatanti c’è piazza del Mercato: non esiste, la denominazione corretta è piazza Vittorio Veneto; allo stesso tempo molti continuano a chiamare piazza della Stazione quella che è piazza Padania (ex piazza Roma).

In centro città corre il torrente Lambrone, un canale artificiale nel quale sono state confluite le acque del Lambro, ma gli erbesi continuano a chiamarlo fiume Lambro; il cimitero di Campolasso viene chiamato cimitero maggiore per il semplice motivo che è il più grande della città. I fraintendimenti si estendono a un’intera frazione: San Maurizio si chiama in realtà Mevate, il nome sacro identifica solo la chiesa parrocchiale del quartiere.

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