Delitto di Carugo
Spunta un superteste

La deposizione al processo di un compagno di cella di Crisopulli: «Disse che sul luogo del delitto c’era un calabrese». La difesa di Scovazzo (che è di origine siciliana) insiste anche sulle sue condizioni: «Al tempo era sempre ubriaco»

Nella torrida estate del 2015 («faceva un caldo pazzesco» dice il titolare del bar Stazione di Seveso), Vincenzo Scovazzo da Caltagirone, 56 anni, oggi imputato in corte d’Assise con il commercialista Alberto Brivio del delitto costato la vita all’architetto Alfio Molteni, beveva senza ritegno dall’alba al tramonto, e quando l’afa si faceva insopportabile e il calore scioglieva l’asfalto e l’odore del catrame impestava l’aria, allora si spogliava nudo come un verme e si tuffava con gli amici nella fontana di fronte alla stazione dei carabinieri di Seveso.

«Immagine disgustosa», ha riferito ai giudici del tribunale di Como uno di quelli che all’epoca lo rifornivano di beveraggi, e cioè il titolare del bar stazione, chiamato dall’avvocato Marco Turconi, difensore di Scovazzo, a ricostruire umori e nefandezze di quell’estate. «Vincenzo arrivava all’alba già in crisi di astinenza... Mai visto sobrio, beveva e se ne andava. Tutto a credito. Poi passavano i fratelli e saldavano».

Sempre ieri, davanti ai giudici, s’è accomodato un testimone dell’ultim’ora, il buon Umberto Mastronardi, 51 anni, residente a Prestino e attualmente in carcere per avere rapinato uno straniero di nazionalità marocchina nel marzo del 2016 alla stazione ferroviaria di Mariano, salvo finire tra le braccia dei carabinieri pochi minuti dopo.

Mastronardi è stato citato dalla difesa di Scovazzo in relazione a un episodio risalente allo scorso mese di dicembre quando i due si incontrarono, senza essersi mai visti prima (alloggiano in sezioni differenti del Bassone) all’interno del bugigattolo nel quale i detenuti attendono di essere “tradotti” in tribunale per le loro incombenze giudiziarie.

Quel giorno, Mastronardi udì Scovazzo protestare la propria innocenza con un agente di polizia penitenziaria e comprese di cos’era imputato. Gli sovvenne, allora, di un incontro di qualche mese prima, quando sempre in carcere ebbe modo di scambiare due parole con un altro protagonista di questa storiaccia, e cioè con il “killer” Michele Crisopulli, 47 anni da Desio, già condannato a 18 anni e mezzo per l’omicidio dell’architetto. Questi, in quell’occasione, gli avrebbe riferito che ad accompagnarlo sul luogo del delitto fu un “calabrese” non meglio identificato, e che il calabrese ebbe con l’architetto un alterco, e che l’alterco degenerò e che un colpo partì e che Molteni morì.

In altre parole, la testimonianza di Mastronardi, secondo la lettura che ne dà la difesa, scagionerebbe Scovazzo. Il quale peraltro, in quel periodo o poco dopo, ubriaco com’era, difficilmente avrebbe potuto garantire la lucidità necessaria a partecipare a un agguato come quello di Carugo. Si torna in aula giovedì 9 marzo.

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