Cantù, lo zio di Luca
«Ha ucciso mio padre
Ora deve pagare»

Paolo Volpe, figlio del bidello ucciso, parla dell’omicidio commesso dal nipote: «Ha finito di vivere pure lui»

Cantù

«Quando mi alzo alla mattina, non penso a che giorno è: penso a mio papà. Certe scene non me le toglierò mai più dalla mente. Quando quella casa tornerà pulita, io la vedrò sempre sporca di sangue».

Paolo Volpe è il figlio di Giovanni Volpe, il bidello di 78 anni ucciso venerdì in via Monte Palanzone.

Ma è anche lo zio - e, di fatto, ora, l’unico familiare - di Luca Volpe, 26 anni, reo confesso dell’omicidio. Almeno tre coltellate all’addome del nonno. Dopo un litigio per la droga.

«Non so esattamente quali colpe addossargli, ma non posso dimenticare nemmeno quello che ha fatto: è giusto che paghi, voglio solo che paghi per quello che ha fatto - dice del nipote - Uccidere chi ha fatto tutto per lui, no. Lui, sopravvissuto, è fallito, è come se avesse finito di vivere anche lui».

«Sono i giorni più brutti, di attesa - dice - Vorrei fare il funerale il prima possibile a mio padre. La vera verità la sa solo lui. E quell’altro. Mio papà è sempre stato un gran lavoratore, uno che non ha mai fatto del male a nessuno».

Non una tragedia annunciata. Ma una situazione per cui preoccuparsi, sì. «Il pensiero che potesse succedere qualcosa l’avevo. Passavo di lì, certo. Ma non abitavo con loro. Gli avevo anche detto a mio papà che forse non era la cosa più saggia. Ma ha voluto tenersi la tigre in casa. Che poi è cresciuta e si è rivoltata. Una bomba a orologeria senza orologio. Che prima o poi sarebbe scoppiata».

Ma forse c’è anche una questione più profonda. Laura, la figlia di Giovanni, nonché madre di Luca, era dipendente dall’eroina. È morta a dicembre.

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