Yara, spunta un nuovo video
Ripreso il furgone di Bossetti

C’è un nuovo video nelle mani degli inquirenti che indagano sulla morte di Yara Gambirasio. Nelle riprese di una nuova telecamera, c’è il furgone di Massimo Bossetti a pochi metri dalla palestra di Brembate Sopra, nelle ore della scomparsa. Intanto l’accusato per la morte di Yara invita gli investigatori ad approfondire e a cercare notizie anche fra chi lavorava con lui. Poi riafferma la sua tesi: il mio sangue da naso è finito sul taglierino che mi è stato rubato e poi usato per uccidere la ragazzina di Brembate. Ma questa spiegazione potrebbe rivelarsi un boomerang per la difesa

Un altro tassello si aggiunge ai tanti che l’accusa afferma di avere tra le mani per dimostrare la colpevolezza di Massimo Bossetti. Un video di una telecamera montata su una stazione di servizio, che riprende il suo furgone bianco vicno alla palestra di Brembate, poche decine di minuti prima che Yara fosse portata via.

Intanto potrebbe rivelarsi un errore tattico la scelta di Bossetti di giustificare la presena del suo sangue sugli indumenti della ragazzina. In questo modo l’uomo ha di fatto confermato che “Ignoto 1” è proprio lui. Ha riconosciuto in un verbale che quella traccia di sangue è effettivamente sua, senza contestare quindi la validità dei test sul dna. A questo punto il giudice potrebbe avere validi motivi per respingere la richiesta dei difensori di riptere le analisi effettuate per estrarre il dna dagli indumenti di Yara, non ritenendola più indispensabile.

Bossetti comunque continua a difendersi e indica una possibile soluzione del giallo nel cantiere di Palazzago, dove lavorava nel novembre del 2010. È partendo da qui, ha spiegato agli inquirenti il presunto omicida di Yara, che si potrebbe arrivare al vero assassino.

Il muratore di Mapello, nell’interrogatorio da lui stesso richiesto, ha scodellato una versione che ha tutta l’aria di essere una capricciosa macchinazione del destino: lui che perde sangue dal naso per via dell’epistassi da cui è affetto, una goccia che finisce su un taglierino, attrezzo che poi verrà usato da qualcun altro per uccidere la tredicenne di Brembate Sopra.

Nel corso del confronto, durato poco più di due ore, Bossetti avrebbe fornito agli inquirenti anche i nomi di chi lavorava con lui. Indicazioni che non vanno lette come accuse di omicidio, ma come inviti ad approfondire, «perché anche loro c’erano sul cantiere di Palazzago» e quindi «potrebbero sapere qualcosa».

È una versione che circolava in modo informale da giorni e che presumibilmente i difensori avrebbero voluto rivelare più avanti, in attesa che fosse l’accusa a scoprire altre carte. Ma c’è da capire l’impazienza di Bossetti: è lui a consumare i suoi giorni in carcere, è lui a essere provato da 21giorni di isolamento ed è comprensibile che possa non aver voglia di algide partite a scacchi.

La spiegazione fornita è un piccolo passo in avanti rispetto allo smarrimento opposto finora dell’indiziato («Non so come il mio dna possa essere finito sui leggins e gli slip di Yara»), ma pare abbia lasciato freddi gli investigatori. Anche se è quasi scontato che accertamenti verranno compiuti.

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