Boccassini choc
«Il racket c’è, nessuno parla»

Relazione del pm antimafia in parlamento

«A Fino troppi attentati in pochi mesi»

La collega Dolci: «Gli imprenditori negano»

«Credetemi. Ormai da due anni non c’è una persona vittima di intimidazione che sia disposta ad ammettere di avere ricevuto minacce. Nulla, nessuno...».

In una relazione sul fenomeno delle mafie in Lombardia illustrata il 27 novembre dell’anno scorso davanti alla commissione parlamentare Antimafia assieme al capo della Procura di Milano Edmondo Bruti Liberati e alla collega Alessandra Dolci, il procuratore della Dda Ilda Boccassini tratteggia un quadro davvero critico delle Province lombarde, facendo cenni diretti alla provincia di Como.

Il resoconto stenografico di quella audizione assume una valenza ancora più attuale alla luce dell’incendio che ha polverizzato il “Botanic garden” di Vertemate e alla luce di quelli che lo hanno preceduto, a Como e a Cantù, e questo a prescindere dalla piega che assumeranno indagini in corso in un contesto molto fluido, che oscilla dall’atto vandalico fine a se stesso, alla vendetta personale fino, appunto, al racket.

«Nessuno ammette le minacce»

«In tutto il distretto di competenza della distrettuale - riferisce la Boccassini ai parlamentari -, da Como a Varese fino a Pavia, vi è un referente della polizia giudiziaria che deve far pervenire mensilmente un rapporto e segnalare tutti gli atti di intimidazione (...) È stato fatto, infatti, un programma, e ormai abbiamo una banca dati: abbiamo cominciato a livello sperimentale, il primo anno, solo nelle zone di Buccinasco e Corsico; poi, visto che i risultati erano buoni, il programma è stato esteso e ora copriamo tutto il distretto. I nostri referenti hanno però l’obbligo, se succede qualcosa che riscontrano, di segnalarlo immediatamente a me e poi, ovviamente, di riportarlo nel rapporto mensile. È evidente che dall’inserimento di questo dato emerge una situazione terribile, perché episodi di intimidazione, di spari contro vetrine di immobiliari piuttosto che di bar e di incendi di autovetture sono ricorrenti, anche nei confronti di appartenenti alle istituzioni, come assessori, consiglieri comunali, vigili, eccetera (...) Facendo la tara di quello che può essere il fatto passionale, il fatto di vendetta o l’episodio a danno di interi capannoni anche in un momento di crisi, con truffa a danno delle assicurazioni, rimane comunque un dato allarmante».

«Nell’arco di otto mesi, per esempio, abbiamo verificato che nella zona di Fino Mornasco (che è zona ricca) vi sono stati troppi attentati nei confronti anche di due assessori comunali».

Ilda Boccassini illustra anche i meccanismi con cui le organizzazioni criminali avvicinano le loro vittime: «L’imprenditore calabrese o siciliano in primis viene agganciato perché non denuncia. Apro qui una parentesi. Credetemi, in tutti questi casi, ormai da due anni, non c’è una persona, che sia vittima di intimidazione, che ammetta di aver ricevuto minacce: nulla, nessuno. Tornando al collaboratore, questi ha spiegato che il motivo per cui costoro non denunciano è che il calabrese si rivolge al suo paese d’origine e chiede una mediazione con chi è sul nostro territorio; il mediatore arriva a Milano, va a Fino Mornasco oppure a Erba e chiede al capo locale perché ha preso di mira quell’imprenditore. Si arriva così a una mediazione, che non è sempre una giusta mediazione, come potete immaginare».

Estorsioni da mezzo milione

Così, invece il pm Dolci, ancora sul tema della collaborazione: «A proposito di episodi estorsivi in danno di imprenditori, vi è da dire che la collaborazione delle vittime è pressoché inesistente, nel senso che ci troviamo nella paradossale situazione che due soggetti, oggi collaboratori, dicono di avere ricevuto somme di denaro da determinati imprenditori e che costoro continuano pervicacemente a negare di avere mai pagato mazzette, sostanzialmente il pizzo».

«Si tenga conto che siamo in presenza di estorsioni confessate dell’ammontare anche di 500mila euro, quindi non esattamente quattro soldi»..

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