Autista del bus a una ragazzina comasca
«Sei italiana? Dammi i documenti»

Studentessa di 15 anni racconta: avevo l’abbonamento, non voleva fermarsi La madre: «Razzismo vergognoso. L’azienda intervenga subito contro simili episodi»

“Ehi tu, sei italiana? Mostrami la carta di identità”, le ha detto, accostando a bordo strada, prima di farla salire sull’autobus. Ma lei si è rifiutata, tirando fuori dalla tasca solo il regolare abbonamento che le dava diritto a quel viaggio, che nulla c’entrava con il luogo di nascita.

È la disavventura che una ragazza comasca di 15 anni racconta di aver vissuto, domenica pomeriggio 5 gennaio. Protagonista un conducente di un mezzo di linea di Asf Autolinee, alla fermata di piazza Verdi, di fronte al Teatro Sociale. Lei era in attesa del bus delle 16.30, in direzione Ponte Chiasso, per rientrare a casa, dopo un pomeriggio trascorso in centro.

La vicenda

A farsi portavoce dell’episodio, che ha scosso la giovane studentessa tanto da denunciarlo in famiglia, è proprio la madre, Paola Minussi, scrittrice, socia dell’associazione “Genitori si diventa onlus”, presidente di “Women in White – Society” che lotta per i diritti delle donne, e madre adottiva di due figli.

«Siamo di fronte a un abuso di potere verso i più deboli e a un episodio di razzismo, questa volta avvenuto ai danni di mia figlia - sostiene Minussi - Ma tengo a precisare che è l’ennesimo di una lunga serie che vede il personale di guida di Asf avere atteggiamenti inaccettabili nei confronti dei viaggiatori di colore o considerati a loro giudizio “non italiani”».

La denuncia arriva chiara e forte, anche con una lettera indirizzata all’azienda dei trasporti. La famiglia sta valutando di procedere per vie legali.

La lettera ad Asf

«Vi scrivo affinché possiate adottare seri provvedimenti in merito - è la segnalazione inviata ad Asf - Noi, come società civile, non staremo certo a guardare senza fare nulla. Non vogliamo la condanna del lavoratore, e nemmeno il suo licenziamento, ma chiediamo una forte presa di posizione da parte dell’azienda che educhi i propri dipendenti al fatto che la diversità è un valore e non di certo lo spunto per battute fascistoidi o siparietti razzisti che stanno degenerando. Forse conducenti, protagonisti di simili gesti, dovrebbero vivere l’esperienza di un volontariato civico, ad esempio alla mensa dei poveri a distribuire pasti».

Questa la ricostruzione nel dettaglio dell’episodio accaduto domenica pomeriggio. «È arrivato il bus, che però ha tirato dritto, senza fermarsi come avrebbe dovuto. Allora mia figlia ha agitato di nuovo l’abbonamento. Il guidatore ha frenato e si è fermato a una ventina di metri più avanti. Ha aperto le porte e, infastidito, ha squadrato dall’alto al basso mia figlia, una quindicenne mora, e le ha chiesto a bruciapelo: “Ehi tu, sei italiana?”. Lei, sorpresa e scocciata, ha risposto “Si, ma che c’entra?”. E lui, prepotente e villano, ha proseguito: “Fammi vedere la tua carta d’identità”».

Da qui l’indignazione e la rabbia di Minussi, alle quali oggi si accompagna la tristezza di vivere in una città che non riconosce più. «Cosa? Ma stiamo scherzando? Mia figlia gli aveva già mostrato il titolo di viaggio valido e se ne è guardata bene dal mostrargli il proprio documento. Atteggiamenti del genere non sono accettabili e vanno denunciati con forza. Quello che è avvenuto è un atto di discriminazione bello e buono, innescato dal fatto che mia figlia ha dei tratti somatici diversi, la pelle più scura...».

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