Alzate, parla il conte Durini
«Fabbrica si salva con il verde»

Il nobile replica alle accuse sull’incuria dell’area: «Bisogna ritornare alla vocazione rurale della zona. La vera decadenza è la devastazione della Valsorda»

Far rivivere il borgo di Fabbrica Durini con la connotazione che aveva nei secoli scorsi, ovvero quella rurale, agricola. Far rivivere il castello, aprendolo al pubblico e ricostruendo la cornice nella quale è incastonato, dal giardino pensile all’italiana, unico in Lombardia, al viale di cipressi.

E soprattutto tutelare i trecento ettari di area verde che lo circondano, facendone una riserva naturale, perché è proprio questo, oggi, il vero tesoro di questo angolo di Brianza. Un progetto ambizioso quello che si pone la proprietà, ovvero la Fondazione Durini, che però, assicura il presidente Giulio Durini, non è pura aspirazione ma ha già mosso i primi passi concreti.

Di Fabbrica Durini si è tornato a parlare nei giorni scorsi, quando il Circolo Legambiente di Cantù, con il gruppo fotografico Incontro d’Immagini di Inverigo, ha organizzato l’iniziativa “Nel paesaggio: i luoghi dell’abbandono”, una sorta di safari fotografico per documentare il disfacimento degli antichi cascinali, ormai da anni disabitati.

Il conte Durini non è certo inconsapevole di questo: «Mi addolora sentire parlare di abbandono. C’è un progetto di mantenimento, ma la realtà è che, oltre ai rustici che stanno crollando, il degrado colpisce l’intero territorio. E Fabbrica ne è diretta conseguenza».

Difficile riuscire a mantenere in uno stato decoroso 90mila metri cubi di cascine, assicura, perché poste sotto il vincolo della Soprintendenza, quindi non è possibile modificarle, «persino quelle sulla pubblica via, che andrebbero messe in sicurezza». E difficile se non impossibile trovare acquirenti che vogliano recuperarle, come avviene normalmente in altre parti d’Italia.

«La vera devastazione – continua – non è l’abbandono di Fabbrica, ma quel che è diventata la Valsorda. Capannoni ovunque, edificazione incontrollata, prostitute lungo la strada, tir che passano di qua come scorciatoia, con le conseguenze che è facile immaginare. Lo sa da quanti anni cerco di convincere la Provincia a installare un semaforo?». Senza riuscirci.

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