Aisha libera, ma non potrà vedere i figli

Bulciago Alice Brignoli era fuggita dall’Italia con marito e figli per raggiungere il Califfato nel 2015 - Le è stata tolta la patria potestà, quindi dovrà affrontare un lungo percorso prima di incontrare i bambini

«Ricordo Alice Brignoli vagamente»: la famiglia Manoni già abitava in via Provinciale quando anche a “mamma Isis” - la cui scarcerazione avverrà il 2 gennaio, dopo quattro anni di detenzione per terrorismo internazionale - fu assegnata una casa Aler all’interno del complesso.

Non tornerà in paese

Altri vicini, come Antonia Pratico, l’hanno «ancora ben presente, ma portava sempre il velo; credo di averci parlato una sola volta o due, anche perché pure io sono una persona molto riservata. Il fatto che possa tornare credo dipenderà dall’Aler: se dovesse accadere, per me nessun problema, continuerei a non averci niente a che fare. Ognuno sta in casa propria e fa quello che vuole».

Gli altri residenti (tra cui diversi di nazionalità straniera) non la ricordano nemmeno o arrivarono ad abitare lì dopo che la donna - a 39 anni, nel 2015 - già era partita per la Siria con la famiglia, composta dal marito Mohamed Koraichi - di 8 anni più giovane, deceduto poi in Siria - e i tre figli che all’epoca avevano 6, 4 e 2 anni, tutti maschi; nel Califfato la coppia ebbe un altro bambino.

Dal Comune, il consigliere comunale con la delega ai Servizi sociali, Nicola Corsaro, tuttavia precisa: «La nostra amministrazione comunale intraprese subito, all’epoca dei fatti, la procedura di irreperibilità, quindi Aler ha riassegnato da molto tempo ad altri inquilini quell’appartamento; il Comune ha degli alloggi, ma specifici per anziani. In ogni caso, non ci risulta nemmeno che sia volontà della signora tornare a Bulciago, né abbiamo ricevuto a tutt’oggi comunicazione di collocazione in comunità, per la quale sia la nostra amministrazione a doversi fare carico».

Il sindaco di Bulciago è stato invece nominato fin dal rimpatrio tutore legale dei figli, dei quali la Brignoli ha «perso la genitorialità e che sono ospiti in una struttura protetta, seguiti con grande professionalità - assicura Corsaro - tatto e delicatezza anche dall’Ambito sociale territoriale. È del tutto evidente che la scarcerazione della signora Brignoli avviene all’interno di uno specifico percorso, con passaggi e tappe precisi, attraverso cui verranno seguite e monitorate le fasi del programma di eventuale riavvicinamento ai figli. Non è che il 2 gennaio si aprano le porte del carcere e finisca lì: sono previsti step a tutela dei minori e, data la particolarità della situazione, anche specifiche attenzioni relativamente a quella che può essere la sfera della sicurezza nazionale. La madre potrà vedere i minori in condizioni protette. Ci auguriamo tutti il lieto fine, ma non sarà, pronti via, né il 2 gennaio né a breve».

Videochiamate

«Di più, ovviamente - sottolinea l’amministrazione comunale - non si può dire, data proprio la peculiarità del caso e l’assoluto riserbo che è dovuto verso i quattro minorenni, i quali peraltro, per noi, sono tutt’altro che una notizia da prima pagina, bensì volti, persone in età evolutiva, con tutte le loro fragilità e insicurezze».

La famiglia fu rimpatriata dopo essere stata liberata dal campo profughi di Al-Hawl, in Kurdistan, dai carabinieri del Ros di Milano con la collaborazione dei Servizi segreti americani; Brignoli fu arrestata appena scesa dall’aereo; durante la detenzione, ha avuto contatti con i figli attraverso visite e videochiamate, sotto accurata vigilanza.

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