Cortile dei gentili, Fiamma Satta
«La malattia mi ha resa forte»

La giornalista è affetta da sclerosi: «I primi anni, quelli dell’accettazione, i più difficili. La condivisione con chi ci sta accanto è fondamentale»

Una dei protagonisti del “Cortile dei gentili” sarà Fiamma Satta, giornalista e scrittrice, che porterà la sua testimonianza venerdì 10 giugno al Polo lecchese del Politecnico.

Satta è nata a Roma, dove vive e lavora. E’ giornalista, sceneggiatrice e scrittrice e ha due figli. Voce storica di Radiodue, dal 1987 al 2010 è stata autrice e interprete, con Fabio Visca, della fortunata serie quotidiana “Fabio e Fiamma”.

Nel 1993 le è stata diagnosticata la sclerosi multipla. Tra il 2005 e il 2015 ha firmato una rubrica settimanale su Vanity Fair e dal 2011, nel sito della rivista, cura lo spazio di videointerviste “Ritorno di Fiamma”. Collabora dal 2006 alla Gazzetta dello Sport e dal 2009 firma la rubrica settimanale “Diversamente affabile”, diario di un’invalida leggermente arrabbiata e l’omonimo blog nel sito del quotidiano sui temi dell’inciviltà.

«Fino al 2000 ancora sciavo»

Come si può capire da queste brevi note biografiche, Fiamma Satta non si è arresa ad una malattia che oggi l’ha costretta su una sedia a rotelle. Le abbiamo chiesto come sia riuscita ad accettare una situazione non certo facile: «Quando nel 1993 mi è stata diagnosticata la sclerosi multipla ho ricevuto un colpo non indifferente. Devo dire che i primi anni la malattia non ha influito negativamente sulla mia vita pratica. Basti dire che nel 2000 io ancora sciavo e andavo in motorino. Proprio in quegli anni, poi, ho fatto la trasmissione radiofonica “Fabio e Fiamma”, che mi costringeva ad alzarmi alle 5.30 tutte le mattine e che era molto faticosa. Dico questo per evidenziare che nei primi quindici anni la mia vita pratica non ha avuto contraccolpi, ma dal punto di vista psicologico, dal punto di vista dell’accettazione, sono stati anni terribili. Eppure proprio in quegli anni ho dato il meglio di me. Ora che sono sulla sedia a rotelle per una malattia che ha distrutto la mia fisicità, mi sento più forte».

Un paradosso questo, di cui Fiamma Satta dà una spiegazione che viene direttamente dalla sua esperienza: «I primi anni avevo paura. La sclerosi mette una paura terribile. Ci ho messo tanto ad accettarla. Il vero problema è stato questo, superare quella paura che psicologicamente mi aveva messa al tappeto». Questa esperienza della malattia non riguarda solo la diretta interessata ma anche le persone che le sono vicine: «L’accettazione del dolore e della malattia non può essere solo del malato ma anche della famiglia che lo circonda. E la paura colpisce tutti, anche i familiari, che devono condividere una situazione inaspettata che stravolge tutto. Eduardo De Filippo diceva che la famiglia è colpita a ventate; chiamiamole tempeste, disgrazie, sta di fatto che certe cose scuotono la famiglia nel profondo ed è importante che la reazione e la condivisione sia di tutti».

Una vita da reinventare

C’è poi una vita da reinventare, un futuro da riprogettare: «E’ come se un castello di carte, che hai costruito con pazienza e che è il tuo futuro, crollasse in un secondo. Vai nel panico, ma sei costretta a ricostruirlo con pazienza. John Lennon in una sua canzone dice: “La vita è quello che ti accade mentre stai progettando altro”, ed è vero». Nonostante la malattia, Fiamma Satta non ha smesso di portare avanti la sua vita, di lavorare, fare progetti, scrivere: «In effetti, non mi sono mai fermata. La vita è fatta di “ventate” e per fortuna io ho potuto continuare a fare il mio lavoro. Lavorando in radio e scrivendo per mestiere, ho la fortuna di non dover usare le gambe e più o meno ho potuto andare avanti. Certo, se avessi fatto l’indossatrice sarebbe stato tutto molto più complicato».

Oggi Fiamma Satta si sente ancora più forte: «Il dolore fa crescere e maturare. Molti mi dicono che sono forte e mi fa piacere, ma rispondo anche che qualunque persona malata è forte. In Italia i malati di sclerosi multipla sono 110.00, un esercito, e sono tutti forti. Col male devi usare la quinta marcia; pensavi di non averla ed invece la malattia ti dice che ce l’hai».

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