Cos’è preferibile, essere un postino o uno scrittore? Quello del postino è un mestiere più sicuro e, inoltre, che ne sarebbe degli scrittori senza i postini?». Questa affermazione di Pepe Carvalho, la creatura letteraria di Vázquez Montalbán, oggi, dalle nostre parti, suona alquanto stonata, perché il postino rischia di diventare una professione in via di estinzione.
La “razionalizzazione” prevista da Poste Italiane in Lombardia, sembra infatti consistere nella chiusura di decine di uffici postali e nell’apertura a singhiozzo di altri. Di questi un buon numero sono nella nostra provincia. Una vera e propria rivoluzione che darebbe un ulteriore colpo ad un servizio che per noi italiani è sempre stato qualcosa di profondamente legato al ritmo quotidiano delle nostre esistenze.
Il postino era l’emblema di quella possibilità di comunicazione che non aveva confini. Era lui a consegnare le notizie belle o brutte, a sciorinare nelle sue mani le milioni di parole che contrappuntavano le relazioni amichevoli o conflittuali, ufficiali o informali della nostra nazione. La sua scomparsa è un lento smottamento che mina alle radici un equilibrio generale oggi in caduta libera. Tra le sicurezze di un tempo c’era il postino, quello che arrivava sempre alla stessa ora neanche fosse un robot; quello che ti consegnava le multe scusandosi o che era disposto anche a fare quattro chiacchiere giusto per familiarizzare. Il postino era un’istituzione e del resto la divisa che portava confermava la delicata missione che ogni giorno era tenuto a compiere.
Che oggi sembri quasi un lavoro superfluo o sostituibile, per molti sembra impossibile eppure le esigenze di bilancio e la tecnologia imperante stanno consegnando le divise di questi messaggeri alla naftalina di armadi destinati a non riaprirsi più. Questa situazione deve molto alle nuove forme di comunicazione; e-mail, messaggi, social network e via di questo passo hanno sostituito brutalmente la carta da lettera e i francobolli, ma è difficile pensare che da un giorno all’altro il servizio postale vada abolito.
E’ dunque comprensibile l’alzata di scudi da parte dei sindaci di quei paesi che rischiano di perdere l’ufficio postale. Tutti i primi cittadini insistono sull’essenzialità di un servizio pubblico che, soprattutto nei piccoli paesi, è ancora indispensabile. Anzi, proprio in periferia o nelle zone di montagna, la posta è un luogo di riferimento ed il postino una specie di sicurezza. E ancora, con la riduzione del servizio postale si vanno a penalizzare gli strati sociali più deboli, ovvero quegli anziani che non sono figli del digitale e che considerano la posta un servizio essenziale. E’ dunque molto triste che, ancora una volta, in Italia si vada a colpire un servizio pubblico che, pur con tutte le novità tecnologiche, continua ad avere un profondo significato sociale e professionale. La rivolta dei sindaci ne è una testimonianza evidente.
Sembra, insomma, che la rivoluzione tecnologica ci costringa a battaglie impossibili; è una specie di guerra senza sosta contro dei giganti senza cuore. Ne sanno qualcosa i dischi in vinile, i libri di carta e perché no, quelle lettere d’amore che impiegavano settimane ad arrivare a chi di dovere.
Ma nel caso delle poste non è solo una questione sentimentale o estetica, qui abbiamo a che fare con delle persone che rischiano di perdere il posto di lavoro e con un servizio che è ancora oggi importante. Non vogliamo perdere l’appuntamento con il postino, quello che suonava due volte tanto per intenderci.
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