Se a Como i festival
chiudono per ferie

Lo disse anche Greta Garbo: «Andremo a Tremezzo e sarà divino». Quindi, un plauso agli organizzatori del Tremezzina Music festival che anche quest’anno ha offerto una ragione in più per tornare nel paese dove madame Grusinskaya, la protagonista di “Grand hotel”, vantava di possedere una villa. Giunta alla quindicesima edizione, superando brillantemente anche l’alternarsi delle amministrazioni locali, quella che domani sarà suggellata da Giovanni Lindo Ferretti è la quarta più longeva kermesse del comasco dopo ParoLario (che lo scorso giugno ha “fatto 16”) e la Città dei balocchi (che si ripete da 22 anni, riguarda più il tempo libero che la cultura in senso stretto, ma di sicuro attrae migliaia di persone) e la Fiera del libro (domani parte l’edizione numero 64). Ed è anche l’unica rimasta a presidiare il lago di Como, assieme al festival di Bellagio e a Zelbiocult, nel mese più turistico di tutti, mentre l’aspirante “capitale della cultura” (Como con Cernobbio e Brunate) ha chiuso per ferie il 2 agosto, giorno in cui Mika ha suggellato il festival cernobbiese, e il capoluogo addirittura una settimana prima, il 28 luglio, con l’ultima serata del Lake Como Film Festival. Senza dimenticare, naturalmente, la meritoria eccezione di piazza Martinelli, che tra cinema all’aperto e jazz continua a proporre appuntamenti validi nel cuore della città, e le numerose altre manifestazioni che dimostrano la vitalità di tutto il territorio provinciale. Ma in questa occasione limitiamo il discorso ai festival principali, quelli che si propongono (e sono stati considerati dalle amministrazioni) come le punte di diamante attorno a cui strutturare un calendario di iniziative, che sia attrattivo nel corso di tutto l’anno. Ricordate il cappello “Estro armonico”, sotto il quale Como si presentò alla gara con le altre città italiane? A qualcuno fece storcere il naso, ma il sottotitolo “le stagioni del lago” aveva almeno il merito di sottolineare la volontà di caratterizzare ogni periodo dell’anno con proposte in grado di attrarre il turismo culturale. Un obiettivo che resta valido e rispetto al quale è doveroso fare dei bilanci.

Nel complesso Como e il suo lago hanno più di un motivo per essere soddisfatti. Dopo una vivace primavera, caratterizzata dall’omonima rassegna, “Le primavere di Como”, promossa da “La Provincia”, dal Festival Città della luce e da Europa in versi, l’inizio dell’estate è stato addirittura pirotecnico: da ParoLario a Wow, dal Lake Como Film Festival al Città della musica, serate per tutti i gusti, a volte in contemporanea, spesso di notevole qualità. Meriterebbero infrastrutture migliori, per poter raggiungere il capoluogo provinciale con i mezzi pubblici anche a tarda ora e parcheggiare più agevolmente quelli privati. Nell’attesa, speriamo non vana, un’altra nota positiva è l’accoglienza, finalmente disponibile anche per chi non può spendere grosse cifre oppure preferisce l’autonomia di un appartamento: il raddoppio dei B&B e delle Cav (le case per vacanza, tra cui, per effetto della legge regionale 27/2015, da qualche mese ricadono anche quelle proposte attraverso Airbnb e gli altri siti della sharing economy) integra l’offerta dei grandi alberghi, rinomati nel mondo. Ed è anche un segnale di partecipazione al progetto di “città del turismo culturale”, assieme all’impegno degli operatori culturali, spesse volte volontario anche per ragioni di bilanci ancora risicati rispetto a capoluoghi “concorrenti” (attenzione, dunque, a tenerne conto quando si parla di “industria culturale lariana” e se ne festeggiano i progressi, mentre il motore di sviluppo sta ancora carburando).

Tutto sommato, Como sta superando con eleganza (quella del Museo della seta e della mostra sul cachemire a Villa Bernasconi e alla Fondazione Ratti, rimasti ininterrottamente aperti) anche la prova costume, nonostante qualche smagliatura qua e là e la cicatrice delle paratie: come da una legge del 1987, finalizzata a prevenire le calamità naturali, si sia arrivati a perpetrare uno scempio nei confronti della natura medesima, è un “mistero della cattiva amministrazione” davvero difficile da spiegare ai turisti o anche solo a chi torna a far visita a amici e parenti dopo anni di assenza dalle sponde lariane. Però se i forestieri li indirizzi verso la città murata, tornata appannaggio dei pedoni quasi come ai tempi in cui se ne innamorò Hermann Hesse, i battelli, la funicolare e le vie verdi (queste, purtroppo, ancora poco curate e a volte interrotte da alberi caduti e altre “sorprese”) che salgono verso Brunate e il Baradello, si può ancora sostenere quanto scrisse Percy Shelley a Lord Byron nell’aprile 1818, invitandolo a trascorre l’estate qui con lui e con la moglie Mary: «Se non avete ancora visitato questo scenario incantevole e sublime, penso che ripagherà la vostra fatica».

Da settembre, però, mentre su questo notevole teatro naturale andranno in scena altri eventi importanti (dal Premio Alda Merini, che porta a Brunate appassionati di poesia da tutta Italia e e non solo, fino al Noir Film Fest, che a dicembre celebrerà la sua prima edizione lariana dopo 25 a Courmayeur, passando per l’avvio del centenario di Sant’Elia) si torna a programmare i festival e bisognerà fare tesoro dell’esperienza. Un’attenzione ancora maggiore verso il pubblico “fuori sede”, non solo in termini di contenuti ma anche di promozione anticipata dei programmi, e il mese che porta il nome dell’imperatore Augusto, sono tra i punti da annotare in agenda.

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