Di fronte all’assurdo di affidare i gemellini a due papà, è urgente fare una riflessione globale, che coinvolge non solo i credenti ma anche ogni essere umano: si fa saltare tutto.
Molte sono le domande che sorgono nella nostra mente sull’identità dell’essere umano quando tutto viene relativizzato. Chi è l’essere umano? Che significa essere degli umani? Qual è il senso della differenza tra uomini e donne?
Nel dibattito pubblico e anche nell’interno della comunità ecclesiale è emersa di recente una grande attenzione al tema sul senso e significato della differenza di “genere”, che spesso ha assunto i toni di contrapposizione insanabili.
Evidentemente, il mio intervento non ha l’obiettivo di affrontare la problematica in tutti i suoi aspetti, ma soltanto suggerire qualche spunto di riflessione e di confronto.
Prima di tutto, noi esseri umani affrontiamo le varie questioni sempre per estremismi: in passato tutto era maschio o femmina con l’esclusione o rimozione dell’omosessualità, oggi invece tutto è relativizzato a tal punto che il genere viene determinato di volta in volta dall’individuo e dal contesto socio-culturale.
In secondo luogo, la tematica del “gender” in tutte le sue articolazioni è sorta e si è sviluppata dal secolo XIX in poi. Molti fattori hanno portato a tutto questo. Ne elenchiamo alcuni, senza la pretesa di essere esaurienti, specialmente nell’ambito occidentale: la crescita dell’epoca moderna con l’accentuazione del soggetto fino all’individualismo; lo sviluppo delle scienze psicologiche e psicanaliste; l’emergere del femminismo.
In terzo luogo, il risultato di questo processo può essere così sintetizzato: la rivendicazione della libertà dell’individuo nella sua determinazione sessuale da ogni principio costruttivo di tipo biologico e naturale. Viene, cioè, affermato il primato della soggettività e dei fattori ambientali e culturali a scapito dell’identità di un soggetto stabilmente costituito nella sua sessualità.
In quarto luogo, siamo consapevoli che alcune sottolineature ed espressioni dell’essere umano non sono legate necessariamente dalla biologia, ma dal contesto socio-culturale. Tutto ciò però non può annullare un dato biologico oggettivo. La struttura dell’essere umano come maschio e come femmina non è pura invenzione, ma è reale nella sua dimensione fisiologica, biologica e psicologica.
In quinto luogo, come cittadini e come cristiani, prendiamo atto (anche se in passato è stato sottaciuto e ghettizzato) della realtà dell’omosessualità (gay e lesbiche), non legata semplicemente all’età evolutiva, ma a un dato di fatto.
Tutto questo, però, non lede l’identità del maschio e della femmina, che è collegata con la vita di ciascuno di noi (siamo nati da un uomo e da una donna!) e che è confermata dal dato rivelato (“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio li creò: maschio e femmina li creò” Genesi 1, 27).
Non lasciamoci catturare da una teoria che relativizza tutto, destabilizzando soprattutto i più piccoli nella costruzione della loro identità e sicurezza di base. Liberiamoci da un’orfanezza che rende fragile e insicura ogni persona.
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