Viaggio tra le canzoni
del nuovo Van De Sfroos

Una strega, il lago, la sua gente e storie di guerra. Vi raccontiamo i 16 brani dell’album di Davide

«Nei miei lavori cocci di inferno e paradiso»

Una copertina che lascia il segno, un Davide Bernasconi ritratto come un fumetto da Mauro Fuggiaschi, su colori giallo e nero e con segni rossi sul viso.

“Goga e Magoga” rappresenta un importante ritorno per Davide Van De Sfroos. Ed ecco l’album che il pubblico di Davide farà girare nel lettore. Si parte da “Angel”, pronunciato all’italiana, non come il brano di Jimi Hendrix che ha lo stesso titolo. Una canzone che riflette il ruolo dei genitori nei confronti di un figlio, una ballata scorrevole dove si avverte da subito la seconda voce di Leslie Abbadini che accompagnerà l’artista in quasi tutti i brani. E non poteva cominciare che in dialetto, come la successiva “Ki”, in una prospettiva visionaria tra un battello fantasma, una clessidra e ricordi del passato, dei diamanti falsi e il profumo di lavanda della nonna. Una ballata con chitarre, dello stesso Davide e di Maurizio “Gnola” Ghielmo, con il violino di Angapiemage Galiano Persico e la fisarmonica di Davide Brambilla.

“Figlio di ieri”, una delle più importanti del disco, sfoggia un’atmosfera Tex-Mex scandita da una chitarra elettrica. Malinconica l’atmosfera di “Crusta de platen”, un omaggio alla propria terra, si intravede la Grigna e il bicchiere di vino serve per meglio avvertire il calore di un posto dove ciascuno riconosce come casa. Fisarmonica e violino accompagnano la bella melodia di “El calderon de la stria”, con il Davide più ispirato, che già immagina il pubblico che verrà ai concerti e canterà la canzone, tra le migliori dell’album.

E arriviamo a uno dei motivi più vibranti, che piacerà agli amanti degli anni 70: Mad Max, citazione del personaggio della trilogia cinemaografica di un mondo post atomico. La citazione musicale è più che esplicita, il flauto alla Jethro Tull a cui l’artista consegna la sua ammirazione.

Sedici canzoni in tutto, tra le altre una storia di guerra (“Infermiera”), la nostalgia del cinematografo di Lenno (“Cinema Ambra”), il mondo di un vecchio (“Il re del giardino”), il ricordo di un contadino che non c’è più (“Colle nero”) e quelle persone che sentono di essere arrivate al traguardo e se ne stanno sulle panchine davanti al lago (“Omen”), quindi la canzone che dà il titolo al lavoro: “Goga Magoga”, travolgente nella sua progressione, ricco di suoni e colori, con strumenti particolari come mellotron, ciaramella, un violino suggestivo, la fisarmonica e i cori per uno dei motivi che faranno da colonna sonora nei prossimi concerti del Nostro.n

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