Le streghe a Como
Migliaia processate
e mandate al rogo

Il nostro era un territorio particolarmente ostile. Fu addirittura chiesto agli inquisitori di non eccedere. Ora un convegno ricostruisce le vicende delle “diverse”

Adoratrici di Satana, scatenatrici di temporali e fulmini, di giorno esseri umani e di notte lupi mannari. In realtà, spesso, anziane, mogli ripudiate dai mariti, levatrici e curatrici, donne con disagio mentale. Le cosiddette diverse, guardate con sospetto e fonte di timori. In una sola parola: streghe.

Se n’è parlato all’interno di un convegno organizzato dal comitato Pari opportunità dell’Ordine degli avvocati (Cpo).

Como, insieme alla repubblica Veneta, vanta un triste primato: è una delle Diocesi in cui, in passato, si bruciarono più streghe. «Il nostro territorio fu pieno del sangue di quelle donne –ha spiegato Maria Cristina Forgione, consigliere dell’Ordine – Per quattro secoli ci furono vittime arse vive dopo essere passate attraverso le torture e la terribile inquisizione del tribunale. Le esecuzioni capitali avvenivano nel convento di San Giovanni Pedemonte, dove ora c’è la stazione di San Giovanni».

Lo storico Cesare Cantù, nei suoi scritti, riporta alcuni numeri: l’Inquisitore frate Antonio da Casale, nel solo 1416, consegnò al braccio secolare ben 300 streghe. Addirittura nel 1484 il Comune chiese agli inquisitori di non eccedere nel ministero: l’avvertimento rimase inascoltato poiché l’anno seguente furono arse 41 donne.

Nella Diocesi, infine, il numero dei processi superava quota mille ogni anno. Si distinse, in particolare, per il numero di donne catturare e date alle fiamme (si parla di più di 300) Bernardo Retegno, frate di Schignano, inquisitore nel 1505 e autore di un manuale più volte ristampato in cui si descriveva il modus operandi cui ci si doveva attenere nel processo..

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