Berlino, caccia al terrorista
Sistema di sicurezza sotto accusa
Il tunisino fu condannato in Italia

Anis Amri è ricercato per la strage ai mercatini di Natale. Ha scontato 4 anni a Palermo

Mentre prosegue in tutta la Germania (come nel resto dell’Europa) la caccia a Anis Amri, il tunisino sospettato di aver compiuto l’attentato a Berlino, nel paese scoppia la polemica per le falle nei sistemi di sicurezza.

Intanto stamattina erano state arrestate 4 persone, ma la Procura ha detto che gli arresti non sono collegati ai fatti di Berlino.

Durissimi i titoli di molti quotidiani questa mattina. La Welt scrive di stallo nella caccia ad Amri, denunciando che anche «i blitz della polizia sono partiti in ritardo per vizi formali: ci sarebbero stati errori di scrittura che rendevano non valida la disposizione».

La Bild mette nel mirino gli errori precedenti e le falle del sistema di espulsione, parlando nel titolo di «fallimento». Amri era in carcere e stava per essere espulso, scrive il tabloid, ma gli mancavano i documenti ed è stato rilasciato. La Bild sottolinea anche come Amri fosse noto come «potenziale attentatore» e si chiede: «come è potuto scomparire”?.

Tunisino e noto alle autorità per reati comuni in Italia ma anche per sospetto terrorismo in Germania: sarebbe Anis Amri, 24 anni, l’uomo al volante del tir che lunedì è piombato sul più affollato mercato di Natale di Berlino uccidendo 12 persone e ferendone 48, di cui 12 ancora ricoverate per ferite «molto gravi». In seguito all’attentato rivendicato dall’Isis, contro di lui è stato emesso un mandato di cattura in tutta Europa fra l’altro perché nella cabina di guida del tir, sotto il sedile, sono stati trovati in maniera quasi incredibile suoi documenti.

Per attirare segnalazioni, la polizia federale tedesca ha promesso una taglia che arriva fino da 100 mila euro.

Il presunto attentatore era noto alle autorità italiane. La sua vicenda è emblematica dei problemi nelle procedure di espulsione: come riferito da fonti investigative, il giovane è arrivato solo su un barcone in Italia quando ancora era minorenne nel febbraio 2011, in mezzo a migliaia di tunisini che in quei mesi lasciarono il paese in seguito allo scoppio della primavera araba. In seguito a vari reati, ha trascorso quattro anni nel carcere dell’Ucciardone a Palermo. Dopo aver scontato la pena, nella primavera 2015 ha ricevuto un provvedimento di espulsione che non è andato a buon fine: le autorità tunisine non hanno eseguito la procedura di riconoscimento nei tempi previsti dalla legge. Amri ha quindi lasciato l’Italia per andare in Germania.

Qui pur camuffandosi sotto tre identità diverse, le autorità tedesche lo tengono sotto controllo: tollerato come profugo cui era stata respinta la domanda di asilo, era stato fermato per due giorni l’estate scorsa e sorvegliato per mesi perché sospettato di preparare un attentato. Solo nelle ultime ore, non si sa se per caso o per tardiva solerzia, sono arrivati da Tunisi i documenti attesi per l’espulsione.

Il giovane ha dimostrato fredda ferocia con l’autista polacco del tir che «avrebbe lottato fino all’ultimo» per cercare di fermare il mezzo che il tunisino aveva in pratica “dirottato”: sul suo corpo sono state ritrovate «ferite da taglio», segno di una lotta disperata.

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